Compagni di scuola in una foto degli anni Cinquanta

Eccoli qua i nostri genitori, i nonni di molti che scruteranno la foto con la
curiosità del visitatore di una mostra sulla condizione delle famiglie povere
del secolo scorso. Non ci vuole molta fantasia per riconoscere i nostri
lineamenti in questi volti seppiati di metà anni ’50, nel lungo ciuffo di lato
che sembra ricordare la recente tragedia della guerra scatenata dal criminale nazista,
nelle maglie a righe lavorate ai ferri, spesso il prodotto di un’economia che
ancora era da baratto e che non riusciva a riempire la pancia di chi non aveva almeno
una striscia di terra da coltivare.

Non ride quasi nessuno tra gli alunni in posa per la foto di una terza classe
elementare di Sant’Eufemia, forse nel primo anno scolastico svolto nell’attuale
edificio della “Don Bosco”. Erano state da poco abbandonate le classi dislocate
in diverse baracche del paese, con i pennini che se non li sapevi trattare con
delicatezza finivano per allargare chiazze nere sui fogli e i calamai riempiti
ogni mattina a metà, all’origine delle punizioni più severe per i ragazzini che
anche soltanto fortuitamente ne avessero rovesciato sul banco l’inchiostro.   

Bambini e bambine di tutte le tutte le “taglie”, i regolari accanto ai ripetenti di
lungo corso, questi ultimi solitamente provenienti da famiglie poverissime per
le quali le priorità erano altre rispetto alla frequenza scolastica dei figli. 
Con loro il maestro Chiné, che arrivava tutti i giorni da Reggio Calabria percorrendo
la strada provinciale a bordo di una Vespa in compagnia del collega Errera. La costruzione dell’autostrada era ancora un lontano miraggio. Personaggi appartenenti agli anni mitici del servizio vissuto come una missione da svolgere nella trincea dell’Aspromonte. Con il caldo e con il
freddo, oppure sfidando Giove pluvio coperti alla meglio dalla cerata che molto,
tuttavia, lasciava al dominio della pioggia battente. Sia detto senza retorica:
due insegnanti eroici. Memorabile quella volta che la motoretta sbandò in un tornante tra Scilla e Bagnara, trascinando i due maestri a terra. Per lo stupore degli alunni che assistettero al loro sofferente ingresso in classe, lacerati
e con i pantaloni a brandelli.   
Non ridono Bazzicotto, Straccio e tutti gli altri figli del secondo dopoguerra, di lì a poco artefici del riscatto di una generazione che non aveva niente e che in paese, al Nord Italia o all’estero sarebbe riuscita a realizzare il miracolo: assicurare ai propri figli condizioni di vita neanche immaginabili
negli anni della grande miseria.   
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