Aspetti della vita politica e sociale a Sant’Eufemia nel bollettino parrocchiale del 1956

Grazie alla generosità di Caterina Iero, sono venuto in possesso del numero speciale del Bollettino della parrocchia di Sant’Eufemia del mese di agosto del 1956, dedicato al centenario della parrocchia istituita il 19 agosto 1856 con il decreto emanato dal vescovo di Mileto Filippo Mincione. Veniva così accolta l’istanza presentata dal sindaco Michele Fimmanò – agli inizi della straordinaria carriera che avrebbe segnato la politica comunale fino alla sua morte (1913) –, il quale aveva motivato la necessità di una seconda parrocchia con il progressivo aumento della popolazione del rione Petto, che ormai contava circa 3.200 abitanti per via del trasferimento di numerose famiglie dal Vecchio Abitato, negli anni successivi al terremoto del 5 febbraio 1783.
Le quattro pagine del giornale “La mia parrocchia”, diretto dal parroco Antonino Messina, offrono uno spaccato significativo della società eufemiese negli anni ’50. Sono riportate le adesioni al comitato d’onore (presieduto da Pina Fimmanò Perrelli e Gabriele Fimmanò) e al comitato esecutivo (presidenti: il parroco Antonino Messina e l’insegnante Antonino Caserta; cassiere: Andrea Fedele; segretari: professore Giuseppe Parisi e Giovanni Forgione); il rendiconto economico delle feste centenarie; l’elenco delle donazioni per la costruzione del monumento ai caduti della prima e della seconda guerra mondiale, realizzato su iniziativa della parrocchia; l’albo d’oro delle offerte a beneficio dei poveri; la nomina prefettizia di Antonino Caserta a commissario della sezione comunale dell’opera nazionale maternità e infanzia (ONMI), che operava per mezzo del consultorio pediatrico diretto dal dottore Bruno Gioffrè Napoli nei locali dell’ospedale “Garibaldi”.
Dall’articolo dedicato alle “Sacre Missioni” si evince la straordinaria partecipazione del popolo ad alcune manifestazioni della parrocchia, tra le quali spicca “il corteo antiblasfemo che si snodò per le vie della Parrocchia tra sventolio di bandierine e di cartelli con scritte contro la bestemmia ed il turpiloquio”.
Siamo in piena guerra fredda e la contrapposizione tra il blocco atlantico e l’universo sovietico ha ripercussioni anche i piccoli paesi, dove proprio le parrocchie diventano l’avamposto culturale, sociale e politico della militanza cattolica. Sant’Eufemia d’Aspromonte non fa eccezione. Il parroco Messina imprime all’Azione cattolica uno sviluppo imponente, organizza serate di studio e di preghiera, accoglie i bambini nell’asilo infantile “San Diego”, raduna giovani e meno giovani mettendo loro a disposizione il televisore acquistato quando in paese quasi nessuno ancora lo possiede, istituisce il cinema parrocchiale.
L’articolo del parroco “Vivere la vita parrocchiale” suona come una chiamata alle armi: «La crisi è grave e profonda e postula un intervento deciso e coraggioso: essa non è solo di natura economica […] ma è soprattutto crisi di valori che investe dalle fondamenta tutta la realtà umana […]. Stare ai margini a guardare; disinteressarsi della realtà storica […] come se l’ideale della vita sia starsene dietro le persiane e contemplare ciò che avviene in piazza, nella illusione di potersi mantenere estranei alla travolgente vicenda degli avvenimenti, è da stolti e da irresponsabili. […] Per noi cattolici ormai il dilemma è chiaro: o inserirci nella dialettica sociale, col peso dei valori del cristianesimo integrale, e vivere; oppure restare al margine, in messianica attesa, e perire. […] Le organizzazioni parrocchiali sono in prima fila, araldi di un mondo migliore. […] Lasciamo da parte i pesi morti, che vivono di nostalgie impossibili; non curiamo i funambolismi dei ridicoli capofazione, che fiutano la direzione del vento per mutar gabbana in tempo; non è più l’ora delle preminenze individuali, personali; il popolo marcia a schiere compatte, consapevole dei suoi diritti; nostro compito è di sentire e far sentire gli ideali del Vangelo nel loro valore sociale, esemplare, finale ed efficiente».
L’obiettivo polemico era locale e faceva riferimento alla competizione elettorale che il 27 maggio 1956 aveva impegnato le liste Pigna (indipendenti), Tromba (socialcomunisti) e Scudo Crociato (democristiani). Il parroco Messina consegna ad un lungo articolo (“Idee, simboli, uomini”) un durissimo commento nei confronti della Democrazia Cristiana cittadina, che esce sconfitta dalle urne comunali a fronte di un’affermazione positiva nel voto provinciale (primo partito con 1531 voti): «La D.C. ha perduto qui da noi perché pochissimi erano i veri democristiani presenti in lista, perché nella faziosità e nell’incoerenza politica fu concepita ed attuata la lista, perché la campagna elettorale fu un capolavoro di inettitudine […]. E poi che diritto avevano le sezioni DC di chiedere voti quando per anni sono state assenti dalla vita paesana e dagli interessi del popolo? […] Vogliamo augurarci che le forze politiche che rappresentano l’idea cristiana si convincano della necessità di essere continuamente attive e non si sveglino solo all’ultimo momento».
Con gli occhi di oggi, una biasimevole invasione di campo. In quel preciso momento storico si trattava invece di un normale aspetto della dialettica politica tra due chiese irriducibili nello scontro ideologico e nella competizione per il predominio tra i ceti popolari.
Per la cronaca, si impose la lista Tromba con 1067 voti (Pigna: 968, Scudo Crociato: 877). Il consiglio comunale elesse poi sindaco l’avvocato Francesco Spanto, il quale rimase in carica soltanto per due anni prima delle dimissioni che aprirono la strada per il ritorno di Carmelo Papalia, primo cittadino di Sant’Eufemia per due mandati (1952-1956 e 1958-1962).

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