Umberto Eco e gli imbecilli del web

Ho assistito, ovviamente sui social media, alla polemica suscitata dalle parole di Umberto Eco a proposito degli effetti negativi di un certo utilizzo dei social stessi. Ho condiviso il suo pensiero, che credo abbia espresso in maniera volutamente provocatoria. Talmente provocatoria che tutti i siti d’informazione ci hanno dopo fatto il titolo: “Con i social parola a legioni di imbecilli” (La Stampa, versione digitale). La polemica, a ben vedere, è nata proprio sui titoli: assist formidabili per calarsi l’elmetto in testa e partire all’attacco dell’intellettuale spocchioso, arrogante e pieno di sé, che giudica la plebaglia incolta dall’alto della sua cattedra e delle sue innumerevoli lauree honoris causa, moderno marchese del Grillo in ermellino: “io so’ io e voi non siete un cazzo”.
Se in generale si riuscisse ad andare più in profondità, nel caso della lettura di un pezzo giornalistico a scorrere con gli occhi un paio di righe sotto i titoli dell’articolo o del suo “lancio” sul web, si scoprirebbe che spesso il pensiero è più articolato della sua sintesi, più complesso dell’esca che incoraggia gli internauti a cliccare sulla notizia. Una categoria nella quale abbondano i “pigri”, coloro che neanche aprono il link per collegarsi alla notizia e finiscono così per confondere l’iperbole con la realtà.
Tornando a Umberto Eco, il resoconto del suo intervento nell’articolo pubblicato dal giornale torinese dice altro, e precisamente che l’illustre semiologo invita i giornali “a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno. I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno”.
Nell’epoca delle rivelazioni “sensazionali” sui “danni” provocati da quel vaccino o sulla “pericolosità” di determinati alimenti, del “nessun giornale ve lo racconta” e del terrorismo mediatico che alimenta psicosi collettive, il richiamo di Eco a un maggiore rigore nella selezione delle informazioni che galleggiano nell’oceano di internet andrebbe invece accolto come espressione di buon senso. Altro che spocchia.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *