Seicento messaggi nella bottiglia

E pensare che tutto iniziò sotto la doccia. Si sa: sotto la doccia si canta e si pensa. A me capitava spesso di “voler dire delle cose” e di immaginare anche come le avrei scritte. Da qualche anno avevo smesso di scrivere per “Il Quotidiano della Calabria”, ma sentivo dentro di me parole che volevano uscire. Parole che non avevo mai scritto, anche perché da corrispondente locale del giornale avevo pochi margini sia come temi da trattare, che come spazi a me riservati per ogni articolo. Più o meno nello stesso tempo aveva pure chiuso i battenti la rivista “Incontri”, periodico eufemiese edito dall’Associazione culturale “Sant’Ambrogio”, sulla quale mi dilettavo a scrivere degli argomenti più disparati.
Sotto il flusso dell’acqua calda, tra aggettivi, verbi e sostantivi che si accavallano dentro la mia testa, decisi di ricavarmi sul web uno spazio dove potere esprimere i miei pensieri. Nacque così prima “Santeufemiaonline” e, da quell’idea, il 24 marzo 2010 “Messaggi nella bottiglia”. Al primo post del blog diedi un titolo che più personale non sarebbe stato possibile: “Minita”, come io stesso mi presentavo da bambino, quando ancora non riuscivo a pronunciare bene il mio nome. Perché sostanzialmente sono rimasto un bimbo curioso di scoprire il mondo che lo circonda.
Oggi i messaggi nella bottiglia sono seicento: fa effetto questo traguardo, perché l’esperienza del blog è stata per me fondamentale. Qui ho avuto la possibilità di continuare a coltivare la mia passione per la storia, con ricerche che poi sono finite sui libri dedicati alla storia di Sant’Eufemia. Qui ho scritto del mio paese e, a volte, inciso nel suo tessuto sociale e culturale con iniziative partite da alcuni articoli. In sintesi sono queste due ragioni a dare linfa al blog stesso, che considero un efficace strumento di comunicazione.
C’è poi l’aspetto umano, che non è affatto secondario perché la gratificazione alla fine è esclusivamente quella: e ovviamente fa piacere essere apprezzati per ciò che si scrive. Ogni tanto mi arrivano messaggi privati che considero medaglie: sono il più bel riconoscimento.
“Messaggi nella bottiglia” è il diario pubblico dei miei ultimi nove anni. Niente di più, niente di meno. Il post “Minita” si chiudeva con la considerazione che “può risultare utile affidare alle onde virtuali della rete un messaggio dentro la bottiglia. A futura memoria”. Ci penso sempre quando (è capitato proprio ieri) vengo contattato da qualcuno che ha scovato per caso sul web un mio articolo.
Adoro questa casualità, che nasce anche dalla volontà di non essere “invadente”. Sia chiaro: a me fa piacere che gli articoli vengano condivisi se altri decidono che vale la pena condividerli. Ci mancherebbe. Però mi affascina l’idea che sia l’articolo stesso a “chiedere” di essere diffuso perché ha contenuti interessanti; non che lo chieda il suo autore mediante una richiesta esplicita di condivisione, l’uso indiscriminato del tag dei propri contatti Facebook o la richiesta del “like”, l’intasamento delle chat di Whatsapp.
Scrivo assecondando interessi e gusti miei personali. Cerco di porre all’attenzione di chi legge avvenimenti e personaggi che mi sembrano significativi. Lo faccio con una libertà assoluta, nella scelta degli argomenti e nel modo di trattarli. Non è fantastico?

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