La sedia vuota

Ci sono assenze che non riusciamo ad accettare, ma abbiamo imparato a convivere con le sedie vuote, riempendo d’amore l’aria rarefatta e la nebbia del ricordo. Pazienza se fino ad un certo punto sembrava tutta discesa, una corsa senza freni verso un traguardo qualsiasi, reale o immaginario. Ma comunque a portata di mano. Così almeno credevamo. Come quando dai nostri pochi anni guardavamo al 2000, lontanissimo. Chissà cosa saremmo stati e dove. Cosa avrebbe portato. Poi di colpo il 2000 è arrivato e non ce ne siamo neanche accorti. Tanto che stiamo per planare sul 2024. Per certi aspetti senza averci capito molto, sballottati dalle onde del tempo. Impegnati a tenere la testa a pelo d’acqua. Per non affogare. Oppure, avendoci capito fin troppo. Su come gira e su quanto la vita sappia essere sorprendente, nel bene e nel male. Individuando la chiave di senso proprio in questa imprevedibilità, che richiede riflessi e spirito di adattamento. Che non è rassegnazione, ma consapevolezza che la vita è questa, e tocca viverla oggi. Alzando un altare agli attimi di felicità, abbracciando il dolore per addomesticarlo. Anche se l’ieri ha fatto di noi ciò che adesso siamo; anche se il domani è la tensione che dà linfa alle nostre idee, alle nostre azioni. Potremo essere migliori o peggiori, dipende da noi ma non soltanto da noi. Perché con gli altri e con le circostanze bisogna farci i conti: «È tutto un complesso di cose/ che fa sì che io mi fermi qui», suggerisce il poeta. Prendere atto dello scarto tra aspettative e realtà mi sembra già un buon punto di partenza. Un compromesso onorevole con la propria coscienza è il fondamento della pacificazione con sé stessi. E solo se si è in pace con sé stessi si può vivere in pace con il mondo, trovarci residenza. Qui e ora.
Buon anno a tutti

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