Non amo particolarmente i bilanci. Sanno di pannelli didattici di alcune mostre, che li leggi e cerchi di comprendere vicende e protagonisti, anche se è difficile riuscire a spiegare tutto in un paio di righe. Lo spazio a disposizione è limitato, la sintesi della didascalia dice e non dice, perché è risaputo che il diavolo si nasconde in dettagli impossibili da riportare in poche righe. Il punto di vista, poi, rimane sempre quello di chi scrive, anche se la storia è il “piatto di grano” e le mani ignote che l’hanno raccolto prima che diventasse immagine o parole cantate sbadatamente, senza prestare molta attenzione.
Fa bene chi specifica “bilancio personale”: per farne uno completo, “obiettivo”, occorrerebbe scomodare le centinaia di persone che hanno condiviso con noi gli attimi lenti e quelli veloci dell’anno appena concluso. Chiedere a loro della nostra vita. A loro che ci hanno visto vivere.
La realtà è fluida, difficilmente si lascia intrappolare in un giudizio che puoi tenere in tasca come il portachiavi da tirare fuori davanti al portone. Siamo talmente impegnati a viverla che a volte diventa dura riuscire anche a comprenderla.
Non si può tirare una riga verticale sulla pagina del 2014, mettere a sinistra le cose negative e a destra quelle positive, richiudere il foglio, riporlo nel cassetto degli anni andati e ripartire.
Quindi non farò un bilancio. Non proverò a mettere ogni cosa al suo posto, un gioco che non conosco perché so che domani potrei essere chiamato a rivedere tutto, a segnare di qua ciò che avevo collocato di là. Il presente è fatto di emozioni che nessuna tabella può contenere per sempre. Non esistono avvenimenti memorabili o da dimenticare; siamo esistiti noi in quel preciso istante, noi che già mentre leggiamo potremmo essere cambiati e provare emozioni nuove, diverse.
Esistono invece stati d’animo da difendere gelosamente, fatti di benessere interiore e coscienza a posto. Di qualche sorriso, anche. Ricevuto, donato. Di tante belle persone incontrate, con le quali è stato bello condividere parole e sentimenti, riconoscersi.
Credo in ciò che posso toccare con le mani e vedere con gli occhi. Credo nell’impegno quotidiano che pur non avendo riscontri immediati è acqua che disseta e sole che riscalda. Ognuno di noi ha impegni da onorare e responsabilità più o meno gravose. Individualmente, nelle famiglie e nella società. Il principio è giocarsi anche “l’ultimo frammento di cuore”, se si pensa che ne valga la pena. E pazienza se a volte ci si scontra con incomprensioni assurde. Pazienza se qualcuno vuole per forza scorgere nell’attività dell’altro chissà quale secondo fine; se confonde la lealtà per sudditanza; se pensa che la propria pur legittima ambizione personale possa passare come un rullo compressore sulla dignità altrui, senza innescare meccanismi istintivi di autodifesa.
È stato l’anno in cui come mai in passato sono stato a un passo dall’andare, ma dopo un paio di notti insonni ho deciso ancora una volta di restare, testardamente e convintamente.
È stato un anno che ho vissuto come ho potuto e come ho voluto, dando tutto ciò che avevo da dare. Senza rimpianti.
E quindi va bene così.