Che succede alla Pro Loco?

Stamattina la Gazzetta del Sud titolava: “Caos alla Pro Loco, presidente pronto a gettare la spugna”. Ho letto l’articolo con interesse: di questa associazione sono stato socio fondatore nel 1997 e membro del consiglio direttivo per quasi un decennio, dopodiché ho ogni anno rinnovato la tessera, pur non partecipando da tempo all’organizzazione di alcun evento. Il mio è più un supporto morale, se vogliamo anche una manifestazione d’affetto per quel che è stato: tra le tante cose belle fatte, mi piace ricordare la realizzazione del documentario “Don Pepè”, che ricostruiva la vita del medico Giuseppe Chirico, uno dei figli più illustri e amati di Sant’Eufemia.
Parlo soprattutto da eufemiese che non può restare indifferente di fronte alla notizia della crisi di un’associazione del paese. Sono sempre stato dell’avviso che il mondo del volontariato costituisca una preziosa risorsa per i piccoli comuni. Esso va pertanto messo nelle condizioni di operare e svolgere al meglio la propria azione di valorizzazione del patrimonio umano e territoriale del quale è parte integrante. Se un’associazione chiude, siamo tutti più poveri. Da qui la preoccupazione per le dimissioni degli organi elettivi – presidente Rocco Luppino in testa – preannunciate nell’articolo, ma non ancora ufficiali.
Dispiace non aver letto nell’articolo il nome di Eufemia Costanzo. Molto di ciò che la Pro Loco ha fatto in 18 anni di attività porta la sua firma, la firma di una donna che ha sempre dato tutta se stessa per animare il paese, trascinando giovani e meno giovani nelle associazioni per le quali ha operato in 40 anni di encomiabile attività. Attività che è continuata anche in questi ultimi due anni, nonostante cioè la scarsa o nulla collaborazione della Pro Loco e la necessità di inventarsi esternamente ad essa il gruppo di supporto “Insieme per crescere”. La cito soltanto per questo, perché credo che la riconoscenza debba essere un valore e non un rimpianto. Tralascio ovviamente ogni considerazione di natura personale.
Che la Pro Loco abbia negli ultimi anni ridotto le proprie attività è un dato di fatto. Sagra della Patata e davvero pochissimo altro. Ma non sto qui a giudicare. L’esperienza nell’associazionismo mi insegna che ognuno dà quel che può, per come sa, quando ne ha tempo e voglia. Anche se ci sono dei doveri minimi nei confronti dell’associazione della quale si fa parte. Ma lo spirito è quello, altrimenti non sarebbe volontariato. Onestà intellettuale vorrebbe però che chiunque non sia nelle condizioni di “dare” un minimo di contributo si faccia da parte. Le medagliette sul petto non hanno nessun senso.
So che è antipatico parlare di sé, ma è quello che io ho fatto proprio con la Pro Loco otto anni fa, quando mi resi conto che l’associazione per me era diventata un peso. Mi dimisi da segretario, lasciai il campo e mi dedicai alle attività che tuttora svolgo con l’Agape. Perché questo mi rende felice (“e la felicità non è un fatto secondario”), non certo per questioni personali nei confronti di chicchessia.
Voglio sperare che da questa situazione si possa venire fuori. Me lo auguro soprattutto per il paese. Ma serve il coraggio di fare qualche passo indietro. L’attuale direttivo è stato eletto nel 2013, a neanche un anno dalle elezioni comunali. In quella circostanza furono riconfermati presidente Rocco Luppino e vicepresidente Eufemia Costanzo (più Pino Sobrio nel direttivo), mentre un nuovo gruppo – espressione del nuovo corso politico e amministrativo del paese – entrò a far parte del consiglio d’amministrazione. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è il fallimento di un’associazione attiva da quasi un ventennio.
Il peccato originale del direttivo eletto nel 2013, a mio avviso e senza farne una questione di nomi, sta proprio nel tentativo di dare una connotazione “politica” alla Pro Loco. Il corto circuito è scattato per la confusione dei ruoli e perché dovrebbe essere la politica a mettersi sempre al servizio delle associazioni. Non il contrario.

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