Gino Strada, una vita contro le guerre

«Tra i suoi ultimi pensieri – si legge sul sito di Emergency – c’è stato l’Afghanistan». Gino Strada se n’è andato proprio mentre i talebani stanno per riconquistare Kabul, in una terra che l’ha visto lungamente impegnato a cucire feriti, ingessare ossa spezzate, operare con il bisturi mentre attorno all’ospedale lo scoppio delle bombe diventava assordante. Nastro adesivo nelle finestre e via, per non interrompere l’opera umanitaria alla quale ha dedicato tutta la vita: la cura e la riabilitazione delle vittime di guerre e delle mine antiuomo. Fedele al principio che tutte le vite hanno uguale valore, “che le guerre, tutte le guerre, sono un orrore. E che non ci si può voltare dall’altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio”. Parole scolpite nel libro testimonianza Pappagalli verdi. Cronache di un chirurgo di guerra (Feltrinelli, 1999), che contiene la prefazione di Moni Ovadia: «Gino Strada arriva quando tutti scappano, e mette in piedi ospedali di fortuna, spesso senza l’attrezzatura e le medicine necessarie, quando la guerra esplode nella sua lucida follia. Guerre che per lo più hanno un lungo strascico di sangue dopo la fine ufficiale dei conflitti: quando pastori, bambini e donne vengono dilaniati dalle tante mine antiuomo disseminate per le rotte della transumanza, o quando raccolgono strani oggetti lanciati dagli elicotteri sui loro villaggi. I vecchi afgani li chiamano pappagalli verdi». Morti e feriti privi di dignità, ridotti ad “effetti collaterali” di ogni sporca guerra: «Il 90% dei feriti di una guerra sono civili, molti dei quali bambini: è questo il nemico?».
Strada è stato definito un idealista concreto. Sono 11 milioni le persone curate in 18 paesi diversi a partire dal 1994, quando insieme alla moglie Teresa Sarti fondò Emergency: «Se ciascuno di noi facesse il suo pezzettino – il mantra della cofondatrice, morta nel 2009 – ci troveremmo in un mondo migliore senza neanche accorgercene». Un pezzettino “banale” come l’applicazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, che Strada ha voluto pubblicare in appendice al suo Buskashì. Viaggio dentro la guerra (Feltrinelli, 2002): «Mi piacerebbe – scrisse in quell’occasione – che ce ne fosse una versione plastificata, di piccolo formato, da tenere nel portafogli con la carta d’identità e la tessera del gruppo sanguigno».
Dopo l’attentato delle Torri Gemelle a New York, lanciò la campagna “uno straccio per la pace”: «Uno straccio di pace appeso alla borsetta o al balcone o all’antenna della macchina o al guinzaglio del cane per chiedere che questa guerra finisca e non ne nascano altre. Volere la pace non significa mancare di rispetto alla memoria di chi è morto negli attentati. Confidare nella pace non significa non aver pianto per le migliaia di vittime innocenti». Io optai per un pezzo di stoffa bianco annodato allo specchietto retrovisore della mia auto: è ancora là.
Chissà come avrebbe reagito all’ipocrisia del cordoglio espresso da gente che mentre era in vita l’ha aspramente criticato, accusandolo neanche tanto velatamente di fare il gioco dei terroristi. Probabilmente avrebbe tirato fuori quel carattere irascibile, richiamato dal cantautore Daniele Silvestri nel suo commosso ricordo: «Gino mio. Gino nostro. Gino di tutti. Gino degli indifesi, dei feriti, Gino in guerra contro ogni guerra, sempre. Lasci un mondo che ti ha fatto incazzare quasi ogni giorno, eppure ’sto mondo di merda è un po’ meno di merda grazie a te e a chi negli anni da te ha imparato e ti ha seguito».

Condividi

Il volontariato al tempo del Covid

Tutto
è nato per caso, sulla chat Whatsapp dei volontari dell’Agape. Ci siamo detti:
«Perché non facciamo una videochiamata collettiva, una sorta di riunione
dell’associazione “da remoto”? Giusto per vedersi, per come è possibile con
l’emergenza sanitaria che ha cambiato molte nostre abitudini, anche le modalità
dello stare insieme. 

Dal piacere di ritrovarsi al lancio dell’idea è stato
un attimo: «Perché non utilizzare le potenzialità della tecnologia per
continuare le nostre attività?». E così, in questo fine settimana, siamo
ripartiti. Non possiamo fare molto, ma fare qualcosa può essere davvero tanto
per chi, in fondo, ha principalmente bisogno di compagnia e di calore. Alcuni
di noi hanno partecipato ad una videochiamata con gli anziani della RSA “Mons.
Prof. Antonino Messina”, grazie alla disponibilità della direttrice Rossana Panarello e, in
questo primo collegamento, di Michela Carbone che ha fatto da tramite tra i
volontari e gli anziani: qualche scambio di battute, domande, sorrisi.
Un’esperienza ripetuta oggi con una tra i ragazzi speciali che in estate
partecipano alla colonia estiva e che a turno coinvolgerà anche gli altri.
Anche in questo caso, molta sorpresa e tanta gioia sul display a mosaico. 

Non
bisogna arrendersi, neanche al lockdown. Per questo siamo decisi ad “esserci”
nella nostra comunità, come ci siamo dal 1991: il prossimo, sarà l’anno del
trentennale e va festeggiato! A dicembre non potremo mettere in campo le
consuete iniziative del “Natale di solidarietà”, ma nel nostro piccolo
cercheremo di stare vicino a chi non desidera altro che una carezza, seppure
virtuale. Piccoli gesti, sulla scia delle parole di Teresa Sarti, cofondatrice
di Emergency, che spiegano il senso delle attività di volontariato: «Se
ciascuno di noi facesse il suo pezzettino, ci troveremmo in un mondo più bello
senza neanche accorgercene».
   

Condividi

Giornata mondiale del malato

Dal 1992, quando fu istituita da Papa Giovanni Paolo II, l’11 febbraio ricorre la Giornata mondiale del malato. Il tema di questa XXVIII edizione è tutto nelle parole del Vangelo di Matteo: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro». Papa Francesco ha invocato occhi che vedano l’umanità ferita perché capaci di guardare in profondità, occhi che “non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza”. Spesso sappiamo tutto di quello che succede nel mondo, ma non ci accorgiamo della sofferenza del nostro vicino di casa. E di sofferenza ce n’è tanta: basta entrare nelle case, soffermarsi, non passare oltre; lottare contro uno dei mali più gravi di questi nostri tempi: l’indifferenza.
La Giornata del malato è tra le iniziative più significative che l’Associazione di volontariato cristiano “Agape” celebra ogni anno, articolandola in tre momenti. Durante la mattina sono state effettuate le visite domiciliari agli ammalati e la consegna di una statuetta della Madonna di Lourdes. Il pomeriggio è stato invece dedicato alla preghiera, sotto la guida del parroco don Marco Larosa. Presso la struttura residenziale per anziani “Mons. Prof. Antonino Messina” (alla quale l’Associazione ha donato un rosario), don Marco ha condotto la recita del Santo Rosario e impartito il sacramento dell’unzione degli infermi, alla presenza della statua della Madonna di Lourdes, portata all’interno della RSA dai volontari dell’Agape. Infine, la celebrazione della Santa Messa nella chiesa di Sant’Eufemia, conclusa con la “Preghiera per la XXVIII Giornata Mondiale del Malato”, nel corso della quale il presidente dell’Agape Iole Luppino ha ricordato i volontari dell’Associazione che non sono più tra di noi: «Signore, noi volontari Ti ringraziamo per quello che Anna, Adelina, Antonella e Marco ci hanno dato e insegnato in tanti anni di amicizia e di condivisione. Ti chiediamo che dal tuo Paradiso essi possano vegliare sulle loro famiglie e sull’Agape, di rafforzare in ogni volontario il desiderio di impegnarsi per gli altri e di risvegliare nei giovani il desiderio di scoprire la bellezza del donarsi».

Condividi

My long distant friend Tina e l’Agape

Racconto questa bella storia per tre ragioni: perché la protagonista mi ha autorizzato a renderla pubblica; perché le belle persone vanno indicate come modelli positivi di cittadini del mondo; perché spesso i social sono un luogo dove prevale l’odio, mentre questa storia dimostra che fortunatamente non sempre è così. Puoi utilizzare un martello per attaccare un quadro ad una parete, in modo da renderla più bella; puoi utilizzare lo stesso martello per spaccare la testa a qualcuno che non ti sta particolarmente simpatico. La differenza è sostanziale e sta tutta nell’uso che di un determinato strumento viene fatto.
Con Tina (Fortunata) Ciccone Sturdevant ci siamo “conosciuti” su Facebook nell’aprile del 2016, un mese dopo la pubblicazione negli Stati Uniti di “Through the Circles of Hell: A Soldier’s Saga”, la testimonianza sulla Prima guerra mondiale di Giuseppe Ciccone, suo padre. Una sorta di diario in versi tenuto in un baule fino al 1971, quando viene consegnato dall’anziano genitore alla figlia, che insieme al nipote J. Richard Ciccone (professore presso l’Università di Rochester) decide di darlo alle stampe quarantacinque anni dopo averlo ricevuto, con una traduzione inglese a fronte.
Da allora siamo rimasti sempre in contatto: “keep in touch” è infatti la chiusura delle nostre email e lettere, che firmiamo “your long distant friend”. All’inizio utilizzavamo entrambi l’inglese, poi qualche volta io l’italiano e lei l’inglese, infine entrambi l’italiano.
Tina è infatti nata e cresciuta a Sant’Eufemia. Ha ricordi della vita in paese e di alcuni suoi personaggi degli anni Trenta e Quaranta: ad esempio mi ha più volte scritto del dottore Giuffrè-Napoli (’u medicu da ’rrina), la cui abitazione ha frequentato. Nel 1950, raggiunge con la mamma negli Stati Uniti il padre, due fratelli e una sorella; successivamente sposa Ernest Sturdevant e dà alla luce quattro figli: Gary, Donna, Lisa e Linda. Oggi vive a Silver Spring (Maryland) ed è una nonna e bisnonna felice.
Gli articoli del mio blog hanno restituito a Tina le radici, facendole anche recuperare quella lingua italiana che non utilizzava più da mezzo secolo: così mi ha scritto più volte lusingandomi parecchio, perché lo scopo principale di “Messaggi nella bottiglia” è proprio il recupero della nostra memoria storica. “Fatti di oggi, memorie di ieri” è il sottotitolo del blog: e tra i fatti di oggi ci sono anche le iniziative dell’Agape. Parlare di volontariato non vuol dire “sentirsi belli”: è un tentativo di allargare il campo, di spingere soprattutto i giovani a provare questa esperienza utile per sé e per la comunità nella quale si vive.
Tina ha sempre dimostrato di apprezzare le nostre attività: talmente tanto da decidere di “dare una mano”, nonostante la distanza. Così, inaspettata, è giunta in questi giorni una donazione per la nostra associazione: «Voglio mandare un regaluccio per i bambini aiutati dall’Agape». Un assegno a nome mio, da girare all’Agape “per un programma di tua scelta”, che ha suscitato in tutti noi volontari emozione e gratitudine.
Il contenuto della lettera di accompagnamento è tra i riconoscimenti più belli che abbia mai ricevuto, ma quello lo tengo per me. Grazie, grazie, grazie, mia cara “long distant friend”.

Condividi

Il Natale di solidarietà dell’Agape

È iniziato ieri il “Natale di solidarietà” dell’Agape, con il pranzo presso la RSA “Prof. Mons. Antonino Messina”. Con la struttura per anziani di Sant’Eufemia, un’eccellenza nel settore, sin dalla sua fondazione abbiamo un rapporto privilegiato. È stato bello ed anche emozionante vedere che eravamo in tanti, tra volontari, parenti degli assistiti e personale della struttura, impegnati ognuno a fare qualcosa per portare un paio d’ore d’allegria. Denso di significati il presepe impersonato da due anziani della struttura e da una bambina nata pochi mesi fa. Bravissime le sei coppie della scuola di ballo Olympus, che ha aderito con entusiasmo al nostro invito. Non era un palazzetto dello sport per una delle tante medaglie vinte, ma anche ieri i giovani ballerini hanno sicuramente portato a casa una bella vittoria. Il “Natale di solidarietà” ha altri due importanti appuntamenti: le visite domiciliari domani e il veglione giorno 29. Pubblico di seguito il messaggio scritto e letto dalla volontaria dell’Agape Gresy Luppino, che con le sue parole ha saputo interpretare il pensiero di tutti noi.

Cari amici, cari pazienti, caro parroco, cari collaboratori e operatori.
Siamo quasi giunti al termine di questo emozionante 2019 e, come di consueto, siamo sempre abituati a tirare un poco le somme di quel che è stato di noi e della nostra associazione. Nel nostro bilancio rientrano le cose che abbiamo fatto e quelle che, magari, avremmo voluto fare ma per le più svariate ragioni non siamo riusciti a fare. Ma ci sono soprattutto le persone che abbiamo incontrato. Tra quelle persone ci siete state anche voi. Mentre scriviamo abbiamo chiaro in mente il viso di ognuno di voi, anche quello di chi è giunto al termine della sua corsa per la vita. Ci passate davanti agli occhi, uno ad uno, e per ognuno si accendono un ricordo, un sorriso e una storia che sanno di amore, che sanno di malattia, che sanno di famiglia, che sanno di affanni ma anche di tanta gioia. In ogni vostra stretta di mano e in ogni sguardo limpido, abbiamo riacquistato i valori più grandi che a volte si perdono per strada e, in ogni singolo racconto, abbiamo visto riflettersi l’immagine di qualcuno che conoscevamo bene e che vi assomigliava un po’. Vorremmo quindi dirvi Grazie: grazie perché avete riposto in noi dubbi e paure, perché ci avete affidato le vostre storie, perché ci avete insegnato a non arrenderci e a non rassegnarci. Perché per noi siete stati dei maestri e come tali ci avete insegnato più di quanto qualsiasi scuola, master o corso possano fare. Grazie perché ci avete aiutato a non perdere mai la fede e perché, consapevolmente o inconsapevolmente, la direzione spesso ce l’avete indicata voi confermandoci che nulla è facile ma niente è impossibile da superare.
Grazie alla direttrice dottoressa Rossana Panarello e al personale della RSA Antonino Messina, tutti eccellenti professionisti dotati di gran cuore. Vi osserviamo con infinita ammirazione per i sorrisi e l’abnegazione con cui avete portato avanti il vostro compito, senza mai dimenticare che il paziente è prima di tutto una persona e non un numero. Grazie per i pranzi squisiti con i quali avete deliziato il nostro palato, per gli abbracci lunghissimi, per la disponibilità e per la riconoscenza che avete avuto nei nostri riguardi aprendoci le porte della vostra casa residenziale e permettendoci di amare e pregare con i vostri affezionatissimi pazienti speciali.
Grazie ai piccoli e talentuosi ragazzi della scuola ballo Olympus, seguiti dai maestri Federica e Saverio, per avere allietato questo incontro con la loro esibizione, nella certezza che anche loro non hanno solo offerto un dono, ma l’hanno ricevuto.
Grazie, infine, e di certo non per ordine di importanza, al nostro parroco Don Marco, presente alle nostre iniziative e disponibile ad ogni nostra richiesta. Attento ai bisogni della comunità e di questi uomini e di queste donne che gli rivolgono sempre sorrisi e ripongono in lui grande fiducia. Grazie per aver pregato per tutti noi e per essere stato guida e forza.
Con affetto
I ragazzi dell’Associazione di volontariato cristiano Agape.

Condividi

Una favola di Pinocchio molto speciale

«Bravo, Pinocchio!» è stato un incontro generazionale che ha visto protagonisti i bambini della Scuola dell’infanzia cattolica “Padre Annibale” e gli ospiti della Residenza sanitaria per anziani “Mons. Prof. Antonino Messina”.
Sono stati loro infatti ad interpretare i personaggi della celebre favola di Collodi e sono stati bravissimi.
Gli operatori della Rsa e il personale della scuola hanno preparato gli attori e curato la messa in scena; i volontari dell’Agape hanno invece fatto da voci narranti.
Un pomeriggio particolare, che ha suscitato nei presenti forti emozioni, ribadendo inoltre quanto sia importante la sinergia tra le varie realtà che operano nel nostro territorio.








Condividi

Mariella, la nostra piccola grande artista

Si è svolta stamattina a Palazzo Campanella la premiazione della XIII borsa di studio “Logoteta”, concorso organizzato dall’omonima associazione culturale e riservato agli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di II grado della provincia di Reggio Calabria. Due le sezioni del concorso: sezione letteraria (Premio “Giuseppe Logoteta”) e sezione artistica (Premio “Paolo Mallamaci”). I concorrenti hanno dovuto realizzare un’opera letteraria o artistica inerente il tema del concorso, contenuto nelle tracce affidate alle rispettive scuole di appartenenza. Sono stati premiati i primi tre classificati per ogni sezione, mentre altri riconoscimenti sono stati riservati per gli elaborati ritenuti meritevoli. Tra i premiati della sezione artistica c’è stata anche Mariella Gentiluomo, felicissima insieme alla mamma Grazia Cosoleto e ai suoi splendidi compagni di classe, ai quali era stato assegnato il tema: “musica… armonia dell’universo”.
Mariella è una ragazza davvero speciale, che da tantissimi anni fa parte della famiglia allargata dell’Agape. Tra pochi mesi sarà estate, una stagione che attendiamo con ansia noi volontari per primi, per potere godere dell’affetto che questi ragazzi riescono a donarci nelle nostre giornate al mare insieme.
Ed è stata una piacevole sorpresa vedere che nell’opera realizzata da Mariella c’è anche un po’ di Agape: la fotografia che ha voluto inserire nel suo quadro la ritrae infatti abbracciata dalla cantante Alessandra Amoroso e si riferisce alla nostra partecipazione al Giubileo degli ammalati e delle persone disabili, nel giugno del 2016.
Ancora brava a Mariella e complimenti ai docenti ed ai ragazzi del liceo scientifico “E. Fermi”.

*Un ringraziamento particolare alla mamma di Mariella, che mi ha autorizzato a pubblicare le fotografie della premiazione.

Condividi

Ciao, Franco

Ciao Franco, in questi giorni ho riguardato le fotografie dei momenti che abbiamo trascorso insieme grazie all’Agape. I tuoi sorrisi, i tuoi abbracci. Ti abbiamo ricordato tra di noi, ognuno raccontando un aneddoto, qualcosa che ci riportasse indietro a quei giorni di allegria. La magia del mondo del volontariato è questa bolla sospesa che si crea nelle vite di ciascuno di noi. Il tempo ha un ritmo suo, particolare: le lancette dell’orologio battono in maniera diversa che nelle nostre affannate giornate di routine.
Non c’è fretta, non c’è ansia, non ci sono preoccupazioni. Si sta insieme per il piacere di stare insieme, per godere della genuinità di sentimenti semplici e naturali che i pensieri della vita quotidiana tendono a comprimere, a tenere rilegati in un angolo nascosto.
Amavi il mare. I nostri ricordi più belli sono legati alle colonie estive. Abbiamo giocato come bambini; siamo stati allegri come bambini: noi, una ciambella e gli spruzzi dell’acqua. Niente altro, in un tempo sospeso e profumato di felicità.
La tua compagnia è stata un dono. La tua risata così forte e irrefrenabile la sento anche oggi. Mi piace pensare che sia il tuo saluto speciale e fragoroso: non un addio, ma un arrivederci a quando ci incontreremo e faremo ancora una volta festa.
Ci chiederai come stiamo e come stanno i nostri parenti. Troverai una ragione per chiedere “scusa”: lo facevi sempre quando qualcuno ti aiutava in qualcosa che non riuscivi a fare da solo. Quella parola, pronunciata da te, ha interrogato le nostre anime e le interroga ancora.
Ci hai insegnato che un volontario deve avere quattro, sei, otto occhi, leggere gli sguardi e possedere un alto senso di responsabilità. Non dobbiamo concederci neanche un secondo di distrazione, perché persone speciali come te ci vengono affidate dalle famiglie e tutto deve andare per il meglio.
È stato bello sentire addosso la fiducia di tua sorella e la tua: è stato tutto quando eravamo più giovani e lo è ora che siamo diventati adulti, con altri amici come te che rendono le nostre estati uniche.
Siamo gli incontri che facciamo, quelli che cerchiamo e quelli che arrivano inaspettati, come una benedizione.
Ti ringraziamo perché con la tua presenza hai reso le nostre vite più ricche di significato.
Buon viaggio, Franco

Condividi

Dona il sangue, salva una vita

Sempre con maggiore frequenza, purtroppo, leggiamo che negli ospedali c’è carenza di sangue. Ospito pertanto volentieri sul blog l’intervento di mio fratello Luis, che sottolinea quanto sia importante donare il sangue, al di là dell’associazione con la quale si sceglie di farlo, e di come basta poco (non “basterebbe”, precisa esortando all’azione concreta della donazione) per dare sostanza e vita al concetto di solidarietà. Al suo invito unisco il mio, quello di un ex ventiseienne salvato dalla trasfusione consecutiva di sette sacche di sangue. 

*Sono un donatore di sangue. A Sant’Eufemia sono attive due associazioni per la raccolta delle donazioni, Avis e Adspem; regolarmente, i giornali locali denunciano la cronica, drammatica carenza di sangue nelle strutture ospedaliere, esortando la popolazione a donare: eppure, sebbene nel nostro paese operino due realtà, la risposta eufemiese è scarsa. L’associazione di cui faccio parte vanta un gran numero di tesserati: tra questi, c’è chi riesce a donare assiduamente; c’è chi, per sopraggiunti limiti di età o di salute, non può donare, spendendosi comunque in maniera encomiabile per la causa; c’è chi, nonostante essere in condizioni ottimali per effettuare la donazione non sia agevole, ci prova sempre. E poi c’è chi alle donazioni non lo incontri mai. Ho più rispetto per chi non fa niente, che per chi finge di fare. Prima di continuare devo però confessare il mio peccato originale: per destare e spronare la mia attenzione, mi è stato necessario sentir fischiare le pallottole vicine, maledettamente vicine. Non voglio raccontare cosa mi ha scosso dal mio torpore e motivato, appartiene al mio vissuto più intimo, però è innegabile che per svegliarmi c’è voluto uno scappellotto ben assestato. Mai mi sarei fermato a riflettere sul fatto che spesso, molto più spesso di quanto si possa immaginare, un medico debba sostituirsi a Dio nello scegliere a chi dare una speranza di vita con il poco sangue a disposizione. Mi è stato detto che un dio cinico, seppur combattuto dentro un camice troppo stretto e che mai più sentirà candido, davanti alla scelta fatale salva il bambino e condanna il vecchio. E davanti a due bambini?
L’inspiegabile vola ad ali spiegate. Perdonate il banale gioco di parole ma personalmente ho sempre preferito la potenza disarmante dell’ironia al nichilismo dell’aggressività “di posizione”. Inutile scontrarsi frontalmente con l’ignavia e l’apatia di chi pensa di fare la sua parte pascolando compulsivamente sui vari social, salvo poi sparire all’atto pratico. Che, diciamocela tutta, se ti azzardi a muovere critica (una volta nobile presupposto, volano di miglioramento) al modus operandi imperante vieni prontamente tacciato di arroganza e mancanza di rispetto verso posizioni diverse dalla tua. Ma tant’è. Ci indigniamo sbigottiti per gli sconvolgenti risvolti dell’apertura di una lettera di Maria (no, non quella, l’altra, quella di canale 5…) ma non ci accorgiamo delle criticità attorno a noi. Palpitiamo per una noce di cocco sparita sull’isola dei famosi e sbuffiamo alterigia in attesa che al tg termini il servizio sui gommoni della disperazione. Eppure, basta poco. Non “basterebbe”, condizionale-alibi di fatalisti e disfattisti: “basta”, indicativo che non offre zone d’ombra di dubbia interpretazione. Purtroppo viviamo in un contesto storico basato sui punti esclamativi, sull’eclatante: se non fa notizia, audience, non interessa. È davvero così? Per conto mio, agli eroi da blockbusters cinematografici preferisco gli eroi invisibili di tutti i giorni, quelli che una cosa la fanno solo perché va fatta.
“Donare è ricevere”: questo lo slogan della mia associazione. Non ho detto quale sia delle due e non lo farò, non è importante. L’importante è donare, con chi è un dettaglio irrilevante.

*Luis Forgione, donatore

Condividi

La Giornata mondiale del malato con l’Agape

La Giornata mondiale del malato è tra le iniziative più significative che l’Associazione di volontariato cristiano “Agape” celebra annualmente. Per questa XXVII edizione, incentrata sulla gratuità e sulla logica del dono («Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date»), sono stati diversi i momenti ai quali i volontari hanno partecipato.

Durante la mattina sono state effettuate le visite domiciliare agli ammalati, mentre il pomeriggio è stato caratterizzato dalla condivisione della Giornata con il parroco don Marco Larosa.
Alcuni volontari hanno trasportato la statua della Madonna di Lourdes presso la struttura residenziale per anziani “Mons. Prof. Antonino Messina”, dove il parroco ha condotto la recita del Santo Rosario e impartito il sacramento dell’Unzione degli infermi.

Successivamente don Marco ha celebrato la Santa Messa, nel corso della quale il presidente Iole Luppino ha letto la “preghiera dei fedeli” e ricordato i volontari dell’Associazione che non sono più tra di noi:
«Signore, noi volontari ti ringraziamo per quello che Anna, Adelina, Antonella e Marco ci hanno dato e insegnato in tanti anni di amicizia. Ti chiediamo che adesso nel tuo Paradiso possano vegliare sulle loro famiglie e sull’Agape, di rafforzare in ogni volontario il desiderio di impegnarsi per gli altri e di risvegliare nei giovani la voglia di scoprire la bellezza di donarsi».

A ricordo della Giornata del malato 2019, l’Agape ha consegnato un rosario nel corso delle visite domiciliari e omaggiato la R.S.A. “Messina” con un quadro recante l’effigie della Madonna di Lourdes.

Condividi