Lorenzo Genovese: il campione, l’esempio

“Il 5 maggio 1991 è una data per me indimenticabile. Quel giorno feci il mio esordio in una gara agonistica, su un tandem Masciarelli con il cambio a manettini, puntapiedi e cinturini”. Da allora sono trascorsi più di venti anni, ma Lorenzo Genovese è ancora in sella, a macinare chilometri in Italia e all’estero, a portare a casa trofei su trofei, ad essere il vero motore di un tandem spesso vincente, sempre protagonista di imprese fuori dal comune. Una sorta di “locomotiva umana”, se ci è consentito prendere a prestito lo pseudonimo che accompagnò la carriera del mitico Learco Guerra tra la fine degli anni Venti e i primi anni Quaranta del secolo scorso. “Non riesco a immaginare la mia vita senza il ciclismo. Non riesco ad immaginare che un giorno potrei non essere più capace di pedalare” – mi dice pesando le parole una ad una.
La bicicletta rappresenta molto per Lorenzo, non vedente assoluto dall’età di un anno a causa di una malformazione genetica, ma con alle spalle una famiglia forte e di sani principi che ne ha accompagnato la crescita con amore, consentendogli di frequentare istituti e centri specializzati. Anche oggi che ha 43 anni e lavora come centralinista presso il Tribunale di Palmi, dove è in grado di recarsi e spostarsi praticamente da solo: “il ciclismo per me è sempre stato uno strumento di socializzazione. I risultati vengono dopo, molto dopo. Quello che conta è la possibilità di coltivare amicizie tramite la condivisione di una passione. La bellezza di questo sport sta tutta qua. Nel tandem, poi, con la guida si crea un rapporto particolare, difficile da spiegare”.

È intuibile che sia così, che un’alchimia speciale governi quattro gambe e due ruote: “se non c’è amicizia, non si può andare in tandem” – assicura Lorenzo, al rientro da una gara a San Pietro in Gu (Padova) conclusa al secondo posto, a mezza ruota dal bis dello strepitoso trionfo ottenuto nel 2012.
Le vittorie di Lorenzo, che dal 1998 gareggia per il Gruppo Sportivo Non Vedenti di Vicenza, ormai non si contano. Più volte campione italiano della categoria “tandem agonistico per non vedenti”, campione italiano amatori su strada ininterrottamente dal 2001 al 2010, è salito sul gradino più alto di podi sparsi in tutta Italia: su strada, su pista, a cronometro, nelle granfondo.

Meno di dieci giorni prima della gara in Veneto, l’impresa realizzata con il taglio del traguardo della “Roma – Parigi. Sulle strade del Tour”, manifestazione organizzata dall’Associazione culturale “Pedalando nella storia – Maurice Garin” di Roma. Un sodalizio presieduto da Andrea Perugini e dedicato al primo vincitore del Tour de France (1903) che ha così voluto onorare la centesima edizione della Grande Boucle (undici edizioni sono saltate tra il 1915-18 e il 1940-46) e ricordare la prima pedalata da Roma a Parigi organizzata dai gruppi “Audax” italiani (ciclisti in grado di percorrere 200 chilometri in bicicletta in autosufficienza entro una sola giornata) proprio per celebrare quell’evento.
Partita dallo stadio dei Marmi il 12 luglio, la carovana delle biciclette – tra le quali spiccavano cinque tandem con atleti non vedenti: la manifestazione è stata patrocinata dall’Unione italiana ciechi e ipovedenti – è giunta al velodromo “Jacques Anquetil” giorno 20, per sfilare il giorno dopo lungo gli Champs Elysées e l’Arc de Triomphe. Un prologo di 73 chilometri e otto tappe (in totale, 1.626 chilometri e un dislivello di circa 16.000 metri) che sono state anche l’occasione per rievocare grandi campioni del passato, grazie agli incontri programmati con i figli di Bartali e Coppi, con il pronipote di Garin, con Franco Bitossi.

Alla guida del tandem, nel prologo da Roma a Vetralla (VT) e nella prima tappa (Vetralla – Empoli, 226 chilometri), Angelo “Sarino” Surace, architetto eufemiese trasferitosi a Fiuggi che dal 1999 si alterna (anche sui podi) con Marco Pisano: “Ho iniziato a pedalare con Lorenzo circa venti anni fa, quando per scherzo mi propose di fare un giro in tandem. Non avevo mai provato un tandem e poche volte la bici. La mia preoccupazione era di non farlo cadere (cosa che è successa due-tre volte), ma la sua forza mi ha sempre dato coraggio e convinto a superare ogni remora”.

Lorenzo e Sarino sono anzitutto grandi amici, a lungo vicini di casa quando Surace risiedeva a Sant’Eufemia. Uscire in bici con Lorenzo è qualcosa di emotivamente intenso, unico: “Lorenzo è una persona speciale, una di quelle persone che ti arricchiscono l’anima e ti aprono il cuore. Per me è stato un privilegio averlo conosciuto e poterlo frequentare. Da molti anni condividiamo le stesse pedalate ed è un’esperienza che mi rende più forte. Mi fa stare bene con me stesso e mi dà la carica per affrontare le difficoltà che sorgono quotidianamente, sui pedali come nella vita. All’inizio pensavo che fosse lui ad avere bisogno del mio aiuto. Ma non è per niente così. Lorenzo è un compagno unico per forza e determinazione. Dopo venti anni riesce ancora a sorprendermi, ogni volta!”.

Da più di un anno Lorenzo Genovese (presidente onorario) e Sarino Surace (vicepresidente, ideatore del logo e della divisa, curatore dell’omonimo profilo su Facebook) portano in giro per l’Italia i colori degli Eufemiesi Bikers, team nato su impulso di Surace, il cui direttivo è composto dal presidente Mimmo Fedele, dal segretario Enzo Fedele e dal tesoriere Rocco Luppino. In breve tempo le adesioni sono cresciute e oggi gli EB costituiscono un’importante realtà aggregativa che consente di mantenere un filo ideale con il paese d’origine agli emigrati eufemiesi amanti delle due ruote.

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Nessuna sorpresa, sullo svincolo autostradale era tutto già scritto

Sono in corso e verranno ultimati entro l’anno tutti i lavori di rinaturalizzazione con i quali verrà ripristinata la morfologia del territorio ed in alcuni casi, in particolare tra i vecchi svincoli di S.Elia-Melicuccà e Bagnara, verranno recuperate le strutture preesistenti della vecchia autostrada che diventerà la bretella di approccio alla nuova autostrada per l’area dell’Aspromonte.

(dal comunicato ufficiale diramato oggi dall’Anas, dopo il completamento dei lavori del V macrolotto dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria, tra Gioia Tauro e Scilla: qui il testo completo)

La vecchia autostrada diventerà “bretella”.
Amen.

Se qualcuno a Sant’Eufemia ancora non l’avesse capito, è andata davvero a finire che bisogna battersi il petto perché almeno la bretella è stata mantenuta, altro che svincolo (ne avevamo già parlato qui).

*Foto di Antonio Lupoi

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Il citofono tascabile di Leo Sculli

Il postino suona sempre due volte. Ma anche i venditori porta a porta, i testimoni di Geova, l’ufficiale giudiziario, il lettore del contatore del metano e il vicino di casa – che ha sempre un buon motivo per rompere – in genere si prendono una seconda chance, per essere certi che in casa non ci sia nessuno. Come risolvere il problema quando l’inquilino è fuori, oppure nei casi in cui chi sta in casa non è nelle condizioni di rispondere? A questo ha pensato il team che ha realizzato Welco, “il citofono che sta in tasca”, secondo la calzante definizione de “Il Tirreno”.
Una squadra composta da sette ragazzi, diventati sei in seguito all’abbandono di Alessio Pace: dottori, laureati triennali e studenti in Economia o in Ingegneria tra i venti e i trent’anni, che hanno sviluppato un’idea partorita dalla testa di Francesco Medda.

Tra questi, lo studente in Ingegneria gestionale Leo Sculli, partito da Sant’Eufemia qualche anno fa per inseguire un sogno e riuscire a dare sfogo alla propria creatività in una realtà meno asfittica di quella calabrese. Destinazione l’Università di Pisa, dove sta per completare il biennio di specializzazione.
La partecipazione di Leo alla Startup di Torino (marzo 2013), nel corso della quale Medda presentò la sua idea, fa scoppiare la scintilla e crea l’alchimia necessaria per fare sì che giovani provenienti da differenti esperienze e realtà si aggreghino attorno a un’ipotesi di lavoro fortemente innovativa.

Da allora, in silenzio, il gruppo – del quale fanno parte anche Marco Arrobbio, Gabriel Occhino, Guido Parissenti e Carlo Buccisano – si dà un gran da fare per sviluppare un progetto da presentare in diversi concorsi nazionali: Fiera delle Startup, K-Idea Giovane di Kilometro Rosso, Working Capital di Telecom Italia.

L’ultimo passo è quello decisivo. Warking Capital istituisce trenta “grant d’impresa” (25.000 euro ciascuno), che consistono in finanziamenti destinati a team di startupper in cerca di capitali per il completamento del MVP (Minimum Viable Project) o per la realizzazione di indagini di mercato sulle potenzialità commerciali di un’invenzione “in ambito internet, digital life, mobile evolution e green”: quindici destinate alle Startup selezionate per il programma di accelerazione e altrettante per tutte le altre.

Nei giorni scorsi, Welco si è aggiudicato uno dei primi quindici finanziamenti (per i rimanenti il bando scadrà il 30 settembre), riuscendo a superare la concorrenza di ben 1.200 progetti cassati al termine di una severissima selezione.

Ma in cosa consiste la scoperta di Leo e dei suoi amici/colleghi? Ce lo spiega il diretto interessato con parole semplici: “è bastato sostituire la cornetta interna del citofono con un dispositivo Welco che, oltre ad avere le classiche funzionalità di un tablet, consente di aprire il portone dal cellulare”. Cosa comporta? “Considera tutte le comodità che puoi avere rispondendo al citofono direttamente dal tuo cellulare, ovunque tu sia, nel momento in cui citofonano a casa tua. E poi rifletti anche sull’utilità sociale per chi ha difficoltà di deambulazione: disabili, soggetti anziani”.

Sul perché abbia lasciato l’Università di Reggio per quella di Pisa, Leo è altrettanto chiaro: “avevo deciso di cambiare corso di studi e passare da Ingegneria elettronica a Ingegneria gestionale, ma non ti nascondo che la considerazione decisiva è stata quella che Pisa (intesa sia come Università che come città) offre possibilità che Reggio Calabria purtroppo nemmeno si sogna”.
Il prossimo passo sarà la commercializzazione del prodotto – del quale al momento esiste soltanto un prototipo dimostrativo –, che il gruppo di ricerca conta di realizzare entro la primavera del 2014. Poco meno di un anno di tempo per sviluppare la ricerca, migliorare hardware, software e App, depositare i brevetti e, soprattutto, trovare investitori convinti della bontà del progetto.

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La mia signora maestra

Non ho mai capito perché si faccia chiamare Rina. Il suo vero nome è Ermelinda ed è la mia maestra delle scuole elementari. “È”, non “era”: anche trent’anni dopo. Anzi, la mia “signora maestra”, come l’appellavamo noi alunni, al tempo in cui ancora non si usava dare del tu e chiamare per nome l’insegnante.
Il “voi”, allocutivo in uso nelle regioni meridionali al di là del retaggio fascista, marcava le distanze. Giustamente. Non è la nostalgia del “si stava meglio quando si stava peggio”, ma certo il ruolo sociale e l’autorevolezza dei docenti, a tutti i livelli, sono oramai parecchio scaduti. Un/a maestro/a di scuola elementare, in un paesino, contendeva al farmacista e al medico condotto il primato in termini di prestigio, influenza e rispetto tra i cittadini. Oggi, ahinoi, è spesso considerato un/a baby-sitter al servizio di genitori post-moderni che “sanno” tutto, come e meglio degli insegnanti dei propri figli. Si è passati dall’autorizzazione esplicita a non andare tanto per il sottile se il bambino era troppo vivace (“se faci u malu, minati”), al timore di alzare la voce anche quando si ha a che fare con teppistelli in erba.

La mia signora maestra, ad ogni modo, credo non abbia mai dato un ceffone. Una mosca bianca, diversi decenni fa. Aveva una bacchetta di legno (’a virga) che nessuna mano ha assaggiato: soltanto la cattedra ne conosceva il colpo, quando la classe eccedeva. Gliela procuravamo noi, con i mazzolini di fiori di campo per la statua della madonnina alla quale, ogni mattina, indirizzavamo l’Ave Maria.

Ai nostri occhi di bimbi, la signora maestra aveva un solo difetto: non ci portava mai a giocare nel cortile. Le rare uscite dall’aula avevano come destinazione un piccolo terrazzo della scuola. Chissà, forse lo shock per qualche incidente accaduto negli anni precedenti; o cautela per sfuggire al timore che potesse accadere qualcosa di spiacevole. Fatto sta che lo scorrazzare dei bambini dietro al pallone, in alto suscitava un’invidia da allora mai più provata.

La scuola elementare per me è il vocio della ricreazione; il blu dei grembiulini che tutti indossavamo (lo sfoggio dell’abbigliamento firmato era ancora di là da venire); le prelibatezze di “Vicenzina”, prima che l’affidamento esterno del servizio mensa provocasse una mezza rivoluzione; il profumo di primavera che entrava dal rettangolo di finestra che si affacciava sulla pineta comunale; la delicatezza della mano della signora maestra, quando una carezza sfiorava le nostre guance. Allora e oggi.

Come già in passato, le ho regalato il mio ultimo libro: un modo per ringraziare colei che mi ha insegnato a scrivere. Mi ha sorpreso con un inaspettato pensierino, prima di farmi rivivere in un attimo la mia infanzia, con una di quelle carezze che io so.

* Nella foto, la classe III C della Scuola elementare “Don Bosco” (anno scolastico 1981-1982)

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Il cavallo di Chiuminatto sulla Gazzetta del Sud

Grazie al bel lavoro pubblicato dallo studioso Domenico Forgione

Adesso S. Eufemia d’Aspromonte conosce per intero la sua storia

– di Giuseppe Fedele [Gazzetta del Sud, 23 giugno 2013]

La sala consiliare del palazzo municipale ha ospitato la presentazione dell’ultima opera di Domenico Forgione, “Il cavallo di Chiuminato” – Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte, edito da Nuove Edizioni Barbaro di Caterina Di Pietro. Dottore di ricerca, giornalista pubblicista e blogger, con interessi per la storia e la letteratura, il volontariato, la politica e lo sport, già autore de “Il ’68 a Messina” (1999), “Fascismo e Prefetti a Catanzaro 1922-1943” (2005), e “Sant’Eufemia d’Aspromonte. Politica e amministrazione nei documenti dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria. 1861-1922” (2008), Domenico Forgione ha dedicato la sua ultima opera al prof. Rosario Monterosso, che fu suo docente al liceo ma soprattutto suo maestro di vita, di recente scomparso, ed ai fratelli Mario, «che da queste strade è partito», e Luigi, che in questa cittadina è tornato.
Con la pubblicazione de “Il cavallo di Chiuminatto” – Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte, il cui contenuto è costituito da vicende vere che messe insieme formano la storia vera della città, lo scrittore ha inteso mettere a disposizione dei propri concittadini il frutto delle sue ricerche stimolandoli, così, a recuperare ricordi, personaggi e memorie della loro comunità, spesso non conosciuti. Come nel caso del Chiuminatto riportato nel titolo del libro, che altri non è se non il nome del titolare della ditta che, in territorio di S. Eufemia d’Aspromonte, costruì il ponte in ferro e la galleria nel tratto ferroviario che collegava Gioia Tauro a Sinopoli.

L’opera di Forgione, sulle strade, i toponimi delle strade e le storie dei personaggi che naturalmente i toponimi sottintendono, è un affresco degli ultimi tre secoli di storia del paese. Naturalmente, accanto ai toponimi delle strade e alla storia dei personaggi, c’è anche un riferimento specifico a usi e costumi del paese, agli antichi mestieri che non ci sono più ed anche naturalmente al modo di vivere che si è evoluto nel tempo e che comunque è stato fotografato nel libro dall’autore. In definitiva, “Il cavallo di Chiuminatto” costituisce un complesso di storia nazionale mista a storia locale per cui, ad un certo punto, ci si imbatte in una panoramica sul Risorgimento e sull’apporto che ad esso è stato dato dagli eufemiesi, impegnati eroicamente anche nella grande guerra.

Pur senza fornire ulteriori anticipazioni e approfondimenti, al termine della cerimonia di presentazione Domenico Forgione ha annunciato l’imminente pubblicazione di una nuova opera da lui realizzata assieme al prof. Giuseppe Pentimalli, autore fra l’altro del “Vocabolario ragionato del dialetto femijotu”.

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Il cavallo di Chiuminatto. La recensione di Antonio Ligato (Gazzetta del Sud)

È raccontata ne “Il cavallo di Chiuminatto” di Domenico Forgione
Una storia che sottrae all’oblio i nomi di tanti eufemiesi illustri 
– di Antonio Ligato  (“Gazzetta del Sud”, 20 giugno 2013 – Pag. 23)

Si deve ad Aurelio Rigoli, etnologo dell’Università di Palermo, la definizione, che è esplicativa di un nuovo modo di fare storia: «etnostoria» come metodo d’indagine storica che utilizza tutte le fonti a disposizione dello studioso, non soltanto quelle “ufficiali”, ma anche quelle sommerse degli archivi comunali e delle chiese, delle carte private delle famiglie illustri, senza trascurare le fonti orali, la cultura e la sapienza popolare. Anche Cesare Pavese, aveva scritto che un paese senza la provincia non ha nerbo. Queste considerazioni ci vengono in mente leggendo il volume di Domenico Forgione, dottore di ricerca, giornalista pubblicista, fresco di stampa: Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storia di Sant’Eufemia d’Aspromonte (Nuove Edizioni Barbaro di Caterina Di Pietro, Delianuova (RC) Aprile 2013). Partendo dall’espressione «Poti quantu o cavaddu i Chiuminati» riferito ai cavalli impiegati, negli anni Venti, per i lavori di costruzione del ponte della ferrovia e della galleria, nel tratto eufemiese delle linee Taurensi, eseguiti dalla ditta genovese di Giacomo Chiuminatto, il testo di Forgione dimostra che accanto agli storici di professione c’è un esercito di storici locali. Costoro, con pazienza, scavano negli archivi dimenticati dei paesi e delle parrocchie, inseguono indizi, e rispolverano pagine dimenticate di storia. Non si tratta soltanto di storia locale, di «microstoria», perché essa si intreccia con la «macrostoria», la integra e spesso la corregge. Così Forgione non si limita a pubblicare uno stradario di Sant’Eufemia. Attraverso i nomi delle strade ricostruisce, innanzitutto, la storia di una comunità, che gli stessi abitanti del luogo non conoscono. A tutti è capitato di imbattersi nel nome di una strada e di non saper risalire al riferimento storico ch’esso senz’altro contiene. Così emergono dall’oblio i nomi di tanti eufemiesi illustri con le loro vicende: Carlo Muscari, uno dei quindici calabresi giustiziati a piazza Mercato dopo il fallimento della rivoluzione napoletana del 1799 e la caduta della Repubblica Partenopea; Ferdinando De Angelis Grimaldi, graduato dell’esercito borbonico, napoleonico e nuovamente borbonico ai primi dell’Ottocento, guardia urbana e sindaco di Sant’Eufemia, comandante dell’esercito della Terza Divisione calabro-sicula durante i moti del 1848 e in quanto tale condannato a morte in contumacia; Michele Fimmanò, protagonista assoluto della storia politica e amministrativa del Comune di Sant’Eufemia per sessant’anni; Luigi Cutrì, maggiore dell’esercito ed eroe della prima guerra mondiale; Bruno Gioffrè, medico condotto, poeta, e testimone diretto del terremoto del 1908; Vittorio Visalli, lo storico più autorevole del Risorgimento in Calabria. Agli avvenimenti storici si alternano gli aneddoti particolari, le piccole curiosità, che consentono di ricostruire il costume di un tempo e fanno “rivedere” il paese così com’era cinquanta, cento, centocinquanta anni fa, con il suo mercato, i suoi artigiani, i suoi cinema, la sua vita economica, culturale, sociale. Dalla rivisitazione compiuta da Domenico Forgione emergono pure pagine semisconosciute di letteratura eufemiese. La sua opera, già per tutto questo, sarebbe encomiabile. Ma essa va oltre, perché attraverso le vicende dei vari personaggi locali evocati con maestria si risale ai grandi avvenimenti storici del Risorgimento, della prima guerra mondiale, dei decenni successivi, ai quali la Calabria ha senz’altro dato un notevole contributo. Il volume di Domenico Forgione rappresenta, in conclusione, un valido esempio di quel metodo «etnostorico» ben delineato da Aurelio Rigoli.

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La Consulta comunale si tinge di rosa

La Consulta comunale diventa realtà. Dopo la votazione per il direttivo, l’importante organismo voluto dall’amministrazione Creazzo si è dotato degli strumenti necessari per avviare le proprie attività, sintetizzate nel manifesto che – circa un mese fa – invitava la cittadinanza a presentare la domanda di adesione: “favorire il raccordo e lo scambio di idee tra la cittadinanza e l’amministrazione comunale […] diffondere informazioni, promuovere lo sviluppo culturale, contribuire all’educazione democratica ed alla formazione intellettuale e civile, garantire il pluralismo, coadiuvare l’attuazione di tutte quelle iniziative idonee a migliorare le condizioni di vita delle varie categorie di cittadini, incrementare e diffondere lo studio e la conoscenza della storia, delle tradizioni locali e dei valori e dei principi sanciti dalla Costituzione Repubblicana”.
Quasi un plebiscito ha sancito l’elezione a presidente di Enzo Fedele (30 anni), consulente del lavoro con alle spalle un’esperienza già ultradecennale nel mondo dell’associazionismo locale (Associazione di volontariato cristiano “Agape” e Associazione “Terzo Millennio”). Al suo fianco, la vicepresidente Rossella Morabito (33), dottoressa in lettere spesso protagonista di interessanti eventi culturali, e Angela Gioffré (36), impiegata Inail con una lunga militanza nell’associazione culturale “Sant’Ambrogio”.
La Consulta dovrebbe fungere da camera di compensazione tra politica e società civile, una sorta di cinghia di trasmissione che permetta alle istanze della comunità di pervenire al livello politico tramite un modus operandi partecipato, trasparente e democratico. Al direttivo, in particolare, il compito e la responsabilità di realizzare ciò che sulla carta rappresenta un segnale di novità, certamente positivo perché presuppone il coinvolgimento di quanti sono disposti a mettere al servizio della collettività il proprio bagaglio di esperienza e passione per la cura del bene pubblico.
L’età media del direttivo, composto in prevalenza da donne (sei su otto), è di circa 37 anni: la più giovane è la studentessa Maria Grazia Orlando (18), che ha ottenuto il maggiore numero di preferenze; il più “anziano” Salvatore Coletta (50), impiegato presso il centro semiresidenziale di riabilitazione di Sant’Eufemia. Gli altri componenti del direttivo sono: Maria Iero (43), insegnante con la passione per le tradizioni popolari; Tita Violi (48), figura di riferimento storica per il mondo del laicato parrocchiale; Mimma Rugari (37), componente del direttivo dell’associazione “Terzo Millennio” e rappresentante dei genitori nel consiglio dell’Istituto comprensivo statale “Don Bosco”.
Di seguito, il resoconto del breve colloquio che abbiamo avuto con il presidente Enzo Fedele.

Quali sono le tue prime impressioni da presidente della Consulta?
Bisogna partire da lontano. Come idea, la Consulta nasce più di un anno fa, con la stesura del programma della lista “LeAli al paese” che poi trionfò alle elezioni comunali. Da lì in avanti è stato un percorso a tappe, con la redazione del regolamento e la sua approvazione in consiglio comunale. Fino ad arrivare ad oggi, con l’elezione degli organi che andranno a comporla. Le votazioni hanno rappresentato un momento di partecipazione attiva e di sana democrazia per la nostra comunità. Subito dopo, il mio primo pensiero è andato alle persone che mi hanno eletto e con le quali dovrò lavorare: amici di vecchia data, con i quali ho già condiviso parte del mio percorso di vita, e nuovi amici che ancora non conosco a fondo: la circostanza di ritrovarci tutti qua sta però a significare che abbiamo principi e valori comuni, e questo è un buon punto di partenza.

Qual è la tua idea di Consulta?
Penso alla Consulta come ad un cantiere, un laboratorio di idee che produca progetti da affidare all’amministrazione comunale. Sant’Eufemia ha bisogno di spazi di bellezza, di luoghi di incontri che favoriscano il dialogo e la partecipazione di tutti alla “vita” del paese: sono questi gli indicatori della crescita civile e culturale di una comunità.

Cosa ci dici a proposito della squadra che lavorerà al tuo fianco?
Come avrai notato, è una squadra a “trazione rosa”. Puntiamo molto sull’energia delle donne, a partire dalla giovanissima Maria Grazia Orlando (alla quale facciamo un grosso in bocca al lupo per gli esami di maturità che si appresta a sostenere), che avrà il compito di coinvolgere i giovani del nostro comune. Tita Violi curerà prevalentemente i rapporti con le aziende che insistono sul nostro territorio; Maria Iero si occuperà del tema a lei congeniale del recupero storico e culturale delle nostre tradizioni; Mimma Rugari di pari opportunità e di integrazione con gli stranieri, molti dei quali ormai da anni risiedono stabilmente nel nostro comune; Salvatore Coletta del coinvolgimento degli anziani in progetti che li possano vedere e rendere protagonisti.
Io, Rossella Morabito ed Angela Gioffré avremo invece il compito di coordinare e seguire da vicino i lavori dei singoli settori: giovani, cultura, pari opportunità, anziani, attività produttive.

Quali saranno le prime iniziative della Consulta?
Innanzitutto ritengo sia giusto presentare la squadra all’intera comunità, in modo che ogni cittadino sappia “chi si occuperà di cosa” e, se lo ritiene opportuno, possa partecipare allo sviluppo delle idee e alla realizzazione dei progetti. Subito dopo, penso ad iniziative cha facciano conoscere qual è la storia del nostro comune e la sua vocazione; penso a convegni su tematiche particolari quali la sicurezza nel mondo del lavoro, l’importanza della raccolta differenziata, la promozione dei nostri prodotti. In ogni caso, si tratterà di iniziative che metteranno al centro del dibattito il cittadino “responsabile”, che vuole rendersi protagonista della vita sociale nel nostro comune.

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Il cavallo di Chiuminatto sul mensile La Piana

Presentato a S. Eufemia d’Aspromonte un pregevole libro di Domenico Forgione 

L’aula consiliare del municipio di Sant’Eufemia d’Aspromonte ha ospitato il quinto appuntamento di “Pagine di storia”, attività culturale fortemente voluta dall’amministrazione comunale guidata da Domenico Creazzo, che nell’occasione ha promosso la presentazione del libro scritto dallo storico eufemiese Domenico Forgione, edito ad aprile dalla casa editrice Nuove edizioni Barbaro di Delianuova: “Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte”.
Ha aperto l’incontro il moderatore della manifestazione Cosimo Petrolino, che ha sottolineato la caratteristica più importante del volume, lo studio della toponomastica come strumento per fare opera di memoria, utile per conservare e tramandare alle future generazioni un patrimonio culturale e sociale che altrimenti andrebbe disperso. Subito dopo, i saluti del primo cittadino eufemiese, che ha assicurato il pieno appoggio a tutte quelle iniziative che mirano alla valorizzazione delle competenze e delle professionalità locali.
Un’attitudine che di recente l’Amministrazione comunale ha in un certo senso “istituzionalizzato” con la creazione della Consulta comunale, che entro l’estate dovrebbe essere pienamente operativa.
L’editore Raffaele Leuzzi si è invece soffermato sul valore didattico delle pubblicazioni di carattere regionale, provinciale e comunale, dato che i libri di scuola “ufficiali” ignorano completamente la dimensione locale della storia e, per alcuni versi, anche della letteratura: un settore nel quale si è ormai da tempo specializzato Nuove edizioni Barbaro, con le ristampe anastatiche di pregevoli e introvabili opere di autori calabresi del Novecento.
E’ seguita poi la presentazione vera e propria del volume, curata dal professore Giuseppe Pentimalli, autore del “Vocabolario del dialetto femijotu” e dal professore Francesco Arillotta, deputato di storia patria per la Calabria, che ha sottolineato il valore scientifico del volume, realizzato sulla base di una corposa documentazione archivistica e bibliografica e l’importanza storica dell’evento. “Il libro – ha detto Arillotta – è un atto d’amore che Forgione manifesta nei confronti del suo paese; ma è soprattutto un regalo fatto all’intera comunità che fa riscoprire il senso di identità, l’orgoglio di sentirsi eufemiesi e l’importanza di coltivare la memoria collettiva”. Un concetto che Arillotta aveva già sottolineato nella stessa prefazione del libro: “Troviamo la dimostrazione che ‘toponomastica’ non è solo ‘nomi di strade’. Dietro quelle scritte, spesso modeste, in nerofumo, o appena leggibili, ci sono sempre storie importanti, che ‘devono’ essere raccontate, perché ‘devono’ essere ricordate”.
In conclusione, l’intervento dell’autore, commosso quando ha voluto dedicare la manifestazione alla memoria del professore Rosario Monterosso, suo docente ai tempi del liceo, scomparso nel novembre del 2012.
Forgione ha ripercorso la “marcia di avvicinamento” alla pubblicazione del libro, dall’elaborazione dell’idea, allo sviluppo della ricerca, alla stesura finale, sottolineandone gli aspetti “curiosi” ma anche le difficoltà che non sono poche quando si tratta della individuazione e della fruizione del materiale documentario locale. Infine il senso della pubblicazione: “Il libro – ha detto – è la tessera di un mosaico più grande che è la storia di Sant’Eufemia. Dare il mio contributo per ricostruirla e restituirla agli eufemiesi (uso volutamente il verbo “restituire”, perché la storia è di tutti, non di chi la scrive) è per me motivo di grande orgoglio”.

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Il Santuario di Sinopoli… a Firenze

Da circa un anno sto raccogliendo gli scritti degli autori eufemiesi del Novecento. Non è semplice, perché spesso si tratta di opere dalla tiratura limitatissima, pubblicate 50-60 anni fa e oltre, più facili da trovare in possesso di collezionisti privati che presso le biblioteche pubbliche. Tra Reggio, Polistena e Palmi ho recuperato una cinquantina di pubblicazioni, che ho fotocopiato o riprodotto digitalmente. Ma ancora c’è da lavorare.
Necessariamente incompleta, ad esempio, è stata la sintesi della produzione letteraria di don Luigi Forgione, da me proposta in occasione del centenario della nascita, anche se all’appello mancavano due opere su sette: Sinopoli e il suo Santuario; Verso l’Alto.
Mancavano.
La cosa che più mi sta gratificando in questa ricerca è la disponibilità che riscontro tra gli amici ai quali necessariamente devo rivolgermi. Roberto è uno di questi, il mio asso nella manica. Lui è il protagonista di Pulp fiction: “mi chiamo Wolf, risolvo problemi”. Grazie a lui, la Biblioteca nazionale di Firenze è dietro l’angolo di casa mia. E io, sfacciatamente, ne approfitto. Gli ho addirittura affidato una lista di pubblicazioni che sono conservate soltanto in riva all’Arno!
Per tale motivo, periodicamente e compatibilmente con i suoi impegni universitari, mi arriva via email qualche “regalino”, in formato sia word che pdf: Per un prode. In onore di Luigi Cutrì, maggiore nel 12° reggimento fanteria, caduto sul campo il 30 novembre 1915, di Bruno Gioffré (Ditta D’Amico, Messina 1916) e Commemorazione del comm. avv. Michele Fimmanò, letta al Consiglio comunale di S. Eufemia d’Aspromonte nella tornata dell’11 marzo 1913, di Pietro Pentimalli (Tip. Succ. Fratelli Nistri, Pisa 1913) sono stati fondamentali per la stesura di due voci del mio libro Il cavallo di Chiuminatto.
Ieri sera, un nuovo cadeau: Sinopoli e il suo Santuario, Istituto padano di arti grafiche, Rovigo 1955. Una piccola raccolta di componimenti poetici (23 pagine) pubblicata “A ricordo dell’anno mariano e della consacrazione della parrocchia alla Madonna”, in occasione della festa dell’Immacolata del 1954: “Sinopoli”; “Breve storia del celebre santuario di Maria SS. delle Grazie – Sinopoli (Reggio Calabria)”; “Novena: A Maria SS. di tutte le Grazie – Nel celebre santuario di Sinopoli”; “Preghiera”; “Preghiera – Da recitarsi alla festa dell’8 settembre”; “Inno a Maria SS. delle Grazie”; “Canzoncina tradizionale – Da cantarsi nei sabati sacranti della Madonna delle Grazie di Sinopoli”; “La festa della Madonna delle Grazie”; “La commissione della festa della Madonna delle Grazie”.
Di seguito, riporto i leggeri e scherzosi versi dedicati ai membri della commissione della festa, a beneficio degli amici di Sinopoli che vi ritroveranno, forse, qualche vecchio parente.

La Commissione della festa della Madonna delle Grazie
Voglio dirvi, se aspettate,
se un pochino pazientate,
in che modo si compone
la solerte Commissione
della Festa di Maria,
tutta piena d’armonia.
Pronti i nomi, ecco la lista.
Bella vista, bella vista,
ma più bello il loro cuore
freme e palpita d’amore
per la Mamma di Gesù
e risplende di virtù.
E’ Domenico il Sergente
nostro bravo Presidente.
E fa Bruno il suo mestiere
di simpatico cassiere.
L’altro Bruno viene poi
e son tanti i meriti suoi.
Pur del tempo fan buon uso
i devoti e pii Caruso.
Gode infatti buona fama
quel che Angelo si chiama.
Or ricordo il caro Antonio
ed il buon Francescantonio.
Né dimentico Giovanni,
il fedel di tutti gli anni.
Antonio poi presento,
ch’è di nobil sentimento.
Due i Romeo ed un Lirosi,
sì gentili e rispettosi.
Anche il terzo Fimmanò
fede e slancio vi portò.
Condò, Sabato e Puccini,
noti ai grandi ed ai bambini,
per la Festa, in pia unione,
ora restano e Carbone.
Ahi!… rimàn quest’anno solo
l’indelebile Bartòlo.
Son carissime persone,
tanto buone, tanto buone!
O Madonna, benedici,
tutti rendili felici.
D’ogni pena li compensa
e ogni grazia a lor dispensa.
Benedici i tuoi devoti:
chi ti prega e chi fa voti.
I vicini ed i lontani
rendi sempre lieti e sani,
o dolcissima Maria,
Mamma nostra. Così sia!

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Il cavallo di Chiuminatto su Calabria Ora

“Il cavallo di Chiuminatto”

«Restituito un pezzo di storia»

Presentato il libro di Forgione sulle antiche strade di Sant’Eufemia

SANT’EUFEMIA – Quinto appuntamento di “Pagine di storia”, attività culturale fortemente voluta dall’amministrazione comunale guidata da Domenico Creazzo, che nell’occasione ha promosso la presentazione del libro “Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte”, scritto dallo storico eufemiese Domenico Forgione, edito dalla casa editrice Nuove edizioni Barbaro di Delianuova.
«La caratteristica più importante del volume – ha esordito il moderatore Cosimo Petrolino – è lo studio della toponomastica come strumento per fare opera di memoria, utile per conservare e tramandare alle future generazioni un patrimonio culturale e sociale che altrimenti andrebbe disperso».
Il primo cittadino eufemiese, Domenico Creazzo, nell’assicurare pieno appoggio a tutte quelle iniziative che mirano alla valorizzazione delle competenze e delle professionalità locali, ha ricordato la creazione della Consulta comunale, che entro l’estate dovrebbe essere pienamente operativa.

L’editore Raffaele Leuzzi si è invece soffermato sul valore didattico delle pubblicazioni di carattere regionale, provinciale e comunale, «dato che i libri di scuola “ufficiali” ignorano completamente la dimensione locale della storia e, per alcuni versi, anche della letteratura».
E’ seguita poi la presentazione del volume, curata dal professore Giuseppe Pentimalli, autore del “Vocabolario del dialetto femijotu” e dal professore Francesco Arillotta, deputato di storia patria per la Calabria: «il libro è un atto d’amore che Forgione manifesta nei confronti del suo paese; ma è soprattutto un regalo fatto all’intera comunità, che fa riscoprire il senso di identità, l’orgoglio di sentirsi eufemiesi e l’importanza di coltivare la memoria collettiva».

In conclusione, l’intervento dell’autore, che ha dedicato la manifestazione alla memoria del professore Rosario Monterosso, suo docente ai tempi del liceo, ha affermato: «Il libro è la tessera di un mosaico più grande, che è la storia di Sant’Eufemia. Dare il mio contributo per ricostruirla e restituirla agli eufemiesi (uso volutamente il verbo “restituire”, perché la storia è di tutti, non di chi la scrive) è per me motivo di grande orgoglio».

[Calabria Ora, 25 maggio 2013, pagina 22 dell’edizione della provincia di Reggio Calabria]

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