A proposito delle prossime elezioni comunali

Con l’elezione del sindaco di Sant’Eufemia Domenico Creazzo a consigliere regionale, al quale auguro buon lavoro e faccio i complimenti (così come faccio i complimenti anche all’altro candidato Giuseppe Gelardi che, pur non centrando l’obiettivo, ha ottenuto un eccellente risultato), si apre inevitabilmente la partita delle prossime elezioni comunali. Sussistendo infatti causa di incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di sindaco, entro sei mesi Creazzo dovrà dimettersi, dopodiché si andrà a nuove elezioni.
Già lunedì, a urne ancora calde, ho ricevuto parecchi messaggi e, ovviamente, la fatidica domanda, sentita anche nei giorni successivi: «Ti ricandiderai?». Al quesito rispondo pubblicamente, con franchezza: chi sarà il prossimo candidato a sindaco, per il mio modo di intendere la politica, è l’ultimo dei problemi. Ho sempre odiato le personalizzazioni e le autocandidature. Il vero quesito, dunque, dal mio punto di vista è un altro: di questo nostro paese cosa vogliamo fare? Quanta gente c’è disposta a fare uno sforzo di generosità per mettersi al servizio della comunità e, soprattutto, di un progetto che voli alto, che tenti di scardinare vecchie logiche e dia la speranza di un’inversione di rotta anche nella quotidianità amministrativa del comune?
Se non c’è il sogno, non c’è politica, ma soltanto gestione di (poco, pochissimo ormai nei comuni) potere. E io non posso esserci.
Se c’è il sogno, se ci sono giovani e meno giovani innamorati di questo nostro paese che accettino di mettersi in gioco e che, soprattutto, accettino di metterci la faccia (perché, dopo, è facile lamentarsi perché “al comune ci sono sempre gli stessi”), che accettino di diventare protagonisti attivi e non spettatori disincantati della fase che si è ora aperta, allora io ci sarò.
Credo di avere sempre dato prova di non coltivare ambizioni personali. È notorio che nelle passate elezioni ero disposto a fare non uno, ma dieci passi indietro, pur di arrivare ad una soluzione di lista unitaria. Cosa che allora non è stata possibile, con mio grande rammarico. Ci sarà questa possibilità? Non lo so. So però che dall’ipotesi di un progetto che sia il più inclusivo e condiviso possibile dipenderà o meno la mia presenza. A queste condizioni potrò esserci, con il ruolo che, tutti insieme, decideremo per tutti coloro che accetteranno la sfida. Tutti insieme.
Ho sempre fatto politica con spirito di servizio e di lealtà nei confronti dei miei compagni di viaggio, sia quando sono stato protagonista, sia quando ho avuto un ruolo più defilato. Spirito di servizio significa che le decisioni vanno prese collegialmente: elaborazione di un programma elettorale, selezione dei candidati a consigliere, decisione su chi sarà il candidato o la candidata a sindaco (l’ordine non è casuale).

Condividi

Mozione contro la riapertura della discarica di contrada “La Zingara”

La mia richiesta segue quella analoga presentata da Adone Pistolesi, del gruppo consiliare “Rinascita per Bagnara”, in occasione del consiglio comunale tenuto a Bagnara il 30 dicembre 2019 (la cui votazione è stata rinviata). Essa segue ad altre due mie azioni sulla vicenda: la prima (2 settembre 2019), la richiesta al sindaco Creazzo di “farsi promotore di un’iniziativa (un incontro o un consiglio comunale aperto) che coinvolga le realtà associative della nostra comunità e la sua popolazione, per fare il punto della situazione e per valutare quali eventuali azioni possiamo tutti insieme intraprendere per difendere il nostro territorio”; la seconda (12 dicembre 2019), una nota nella quale lamentavo che “ad oltre tre mesi di distanza questo auspicato coinvolgimento dell’opposizione, delle realtà associative e della popolazione di Sant’Eufemia” non c’è ancora stato. Ritengo che una determinazione ufficiale da parte del consiglio comunale possa essere utile e rafforzare la posizione di contrarietà alla riapertura della discarica espressa dal sindaco Creazzo in diverse circostanze.

Al Presidente del Consiglio comunale
di Sant’Eufemia d’Aspromonte

Mozione: Richiesta di inserimento, come punto all’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale, di una mozione contro la riapertura della discarica in contrada “La Zingara”, nel comune di Melicuccà

Premesso
che
con una nota stampa del 2 agosto 2019, il Settore rifiuti della Regione Calabria ha comunicato la volontà di riaprire entro 24 mesi la discarica di contrada “La Zingara”, ricadente nel comune di Melicuccà, ma confinante con Sant’Eufemia d’Aspromonte e con Bagnara Calabra;
tra la popolazione e gli operatori economici del territorio ha generato molta preoccupazione il dissequestro della discarica, permanendo forti perplessità circa l’impatto negativo che la stessa, situata alle porte dell’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte, avrebbe sotto il profilo ambientale, turistico ed economico;
già in anni abbastanza recenti le popolazioni locali hanno manifestato la propria contrarietà, mettendo in campo diverse iniziative di protesta che portarono al sequestro della discarica stessa;
è necessario mettere in campo una serie di iniziative conseguenti, con il coinvolgimento della popolazione, delle associazioni del territorio e delle amministrazioni dei Comuni limitrofi
Chiedo
l’inserimento, come punto all’ordine del giorno del prossimo Consiglio comunale, di una mozione contro la riapertura della discarica di contrada “La Zingara” di Melicuccà.

Il Consigliere comunale
Domenico Forgione – “Per il Bene Comune”
Sant’Eufemia d’Aspromonte, 31 dicembre 2019

Condividi

Sul movimento delle sardine

Ho letto con attenzione un articolo non molto tenero nei confronti del movimento delle sardine, inviatomi ieri. In alcuni passaggi mi è sembrato ingeneroso, se non astioso. In altri qualcosa di condivisibile c’era. Complessivamente, io ritengo che questo movimento possa rappresentare una novità positiva, quantomeno per la ventata di freschezza portata nella cloaca politica che è diventata l’Italia.
Il movimento delle sardine, come quello dei grillini delle origini, è l’effetto di una politica che da troppi anni non dà risposte e che, soprattutto, non riesce a scaldare i cuori; l’effetto della crisi dei partiti politici, che tra le tante colpe ne recano una a mio avviso gravissima: quella di non fare il proprio mestiere, cioè formare e selezionare una classe dirigente degna di questo nome. Ciò comporta la nefasta considerazione che un partito vale un altro, che ieri si poteva essere democratici e oggi sovranisti. Abbiamo davanti a noi una politica senza valori, nella quale finiscono giocoforza per prevalere furbi e cinici. Con la complicità interessata di chi quella selezione dovrebbe farla, ma anche con la sostanziale acquiescenza di cittadini che, evidentemente, votano tutto e il contrario di tutto perché della coerenza non sanno che farsene.
Tornando al movimento delle sardine, a me interesserebbe comprendere lo sbocco politico della protesta, il passaggio dalla pars destruens a quella construens. Non si può ridurre la ragione politica di un movimento all’antisalvinismo e all’antisovranismo, che rappresentano certamente due paletti identitari e sentimentali molto forti. Per andare oltre il riempimento di una piazza (che comunque non è cosa di poco conto), sarebbe necessario uno scatto ulteriore. L’indisponibilità a scendere in prima persona nell’agone politico rischia infatti di tradursi in velleitarismo perché, per dirla con Don Milani, “a che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”.
Ho l’impressione che a Reggio e dintorni il movimento delle sardine raccolga molti grillini in uscita, a suo tempo avvicinatisi al M5S perché delusi dalla sinistra. Ennesima prova dell’incapacità dei partiti appartenenti a quel campo di intercettare la domanda di rinnovamento, di attenzione per l’ambientalismo, per l’etica politica e finanche per i valori della Resistenza e dell’antifascismo. Incapacità dovuta al fatto che – a volte a torto, spesso a ragione – eletti e dirigenti della sinistra vengono percepiti come casta sempre più distante dalla società reale, impegnata per lo più nella difesa di posizioni di potere personali o di banda. In sintesi, perché non sono considerati credibili.
Il movimento delle sardine rappresenta pertanto un disagio che a sinistra andrebbe ascoltato con molta attenzione, magari rinunciando alla tentazione di metterci strumentalmente sopra il proprio appello.

Condividi

Ancora sulla discarica di Melicuccà

Su diverse testate giornalistiche online, leggo che oggi il gruppo consiliare “Rinascita per Bagnara” ha chiesto di inserire all’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale di Bagnara una mozione che impedisca la riapertura della discarica di contrada “La Zingara”. Com’è noto, la discarica ricade nel territorio di Melicuccà, ma di fatto si trova pericolosamente nell’entrata del comune di Sant’Eufemia, al confine con la frazione Pellegrina di Bagnara.
Come gruppo consiliare di Sant’Eufemia d’Aspromonte “Per il Bene Comune”, il 2 settembre avevamo chiesto al sindaco Domenico Creazzo (prot. 4556) “di farsi promotore di un’iniziativa (un incontro o un consiglio comunale aperto) che coinvolga le realtà associative della nostra comunità e la sua popolazione, per fare il punto della situazione e per valutare quali eventuali azioni possiamo tutti insieme intraprendere per difendere il nostro territorio”. La risposta del sindaco, due giorni dopo, lasciava ben sperare: “La Vs. richiesta di un pubblico confronto sulla tematica in questione ci trova pienamente d’accordo, essendo questo un obiettivo già da tempo messo in conto da questa Amministrazione comunale nella ferma convinzione della necessità di valutare tutti insieme – amministratori, forze associative e cittadini – la strada da percorrere per impedire la concretizzazione di un evento che avrebbe conseguenze deleterie per il nostro territorio, già ampiamente penalizzato” (prot. 4608).
Spiace che ad oltre tre mesi di distanza questo auspicato coinvolgimento dell’opposizione, delle realtà associative e della popolazione di Sant’Eufemia non ci sia ancora stato. Continuo a pensare che in questioni così importanti l’unione davvero può fare la forza e dare più vigore alle dichiarazioni rilasciate qua e là dal sindaco.

*Nelle fotografie, le condizioni della discarica qualche mese fa.

Condividi

Partigiano, portami via da tutta questa ignoranza

Mi chiedo cosa dovrebbe esserci di così vergognoso nel cantare “Bella ciao”. Sono davvero tempi tristi se si cerca la polemica su un canto di liberazione. Stiamo perdendo i riferimenti storici, culturali ed etici del nostro stare insieme. La lotta partigiana è stata lotta di liberazione dal mostro nazifascista, partorito dai fantasmi e dalla follia del ventesimo secolo. Alla lotta partigiana prese parte la gioventù migliore di quel tempo: una generazione che sacrificò tutto, anche la propria vita, per consegnare all’Italia la democrazia.
In questo presente senza memoria non dicono niente i nomi di Edgardo Sogno, del martire delle Fosse Ardeatine Giuseppe Cordero di Montezemolo, di Alfredo Pizzoni, Alfonso Casati, Mario Argenton, Enrico Martini e tanti altri. Monarchici, liberali, autonomi che “fecero” la Resistenza. Accanto a socialisti, comunisti, democristiani, azionisti. Tutti uniti per scacciare i nazi-fascisti dal suolo italiano e per cancellare vent’anni di dittatura, di confino e di assassini politici, di parlamentari ridotti a marionette, di leggi liberticide, per riscattare la vergogna delle leggi razziali e dell’ingresso dell’Italia in guerra. Uniti, al di là delle diverse sensibilità politiche, per il fine nobile e superiore della conquista della libertà per tutti, non per una parte: «Abbiamo combattuto assieme – dichiarò Arrigo Boldrini – per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro».
Boldrini, il “comandante Bulow”, partigiano e comunista che “salì in montagna” con tanti altri compagni, dei quali oggi – sempre più spesso – si tenta di cancellare o di macchiare la storia.
Sta tutta qua la differenza tra chi lottava per la libertà e chi per la dittatura. Concetto ribadito dal partigiano Vittorio Foa in un celebre colloquio con il repubblichino Giorgio Pisanò: «Abbiamo vinto noi e sei diventato senatore; se aveste vinto voi io sarei morto o sarei finito in galera». Una frase che riassume la grandezza della Resistenza e che va ricordata, oggi che tutto viene messo in discussione in maniera ignobile e irresponsabile da chi dovrebbe rappresentare i valori della libertà al più alto grado. Dai troppi porci a cavallo che occupano le istituzioni senza averne né il senso, né il decoro: magari pretendendo – come minacciò il loro rimpianto predecessore – di poterne fare “un bivacco di manipoli”.
Mi chiedo di cosa ci si debba vergognare nel cantare “Bella ciao”, che tra l’altro – se proprio non bisogna turbare i nostri anticomunisti da fotoshop – non è neanche una canzone comunista, visto che non incita alla lotta di classe, ma a quella di liberazione dall’invasore. Sorge un dubbio: forse ci si dovrebbe vergognare di avere combattuto anche per la libertà degli ignoranti e dei cretini di oggi.

Condividi

Oliverio sì, Oliverio no

Da mesi e mesi il quadro politico del centrosinistra calabrese è avvitato sul quesito “Oliverio Sì – Oliverio No”. Non proprio uno spettacolo edificante. Messa così la vicenda si presenta come una questione personale, più che politica. E forse lo è. La gestione del Partito democratico in Calabria nella legislatura che si sta per concludere è stata fallimentare. Lo certifica la fuga di diversi consiglieri regionali e di personalità che in questo quinquennio vi hanno giocato un ruolo di primo piano. I nomi di questi signori è possibile verificarli nelle cronache politiche di questi ultimi mesi, caratterizzati da copiose transumanze e dal fiorire di associazioni e movimenti che ruotano attorno ai fuorusciti, ovviamente già collocati o in cerca di collocazione in altri più accoglienti e (prevedono) vincenti lidi.
D’altronde, quando ciò che tiene insieme è soltanto il potere, quando manca la visione su ciò che si è, su ciò che si vuole fare e a vantaggio di chi, un partito finisce col diventare il contenitore di un pastone indigeribile.
Leggo di dirigenti del partito che ora, soltanto ora, chiedono una discussione. Giusto, giustissimo. Tuttavia, mi chiedo dove fossero questi dirigenti quando gli si faceva notare lo snaturamento del Pd, che si era consegnato al peggior trasformismo locale e aveva mortificato la storia di esperienze genuine. Allora si preferì mettere la testa sotto la sabbia e pensare che uno meno uno avrebbe dato zero: insomma, non sarebbe cambiato niente. E invece no: la matematica della politica poggia su teoremi più complessi. Fatto sta che chi è stato mortificato si è allontanato, chi vi era entrato per opportunismo ha abbandonato la nave alla prima onda leggermente più alta. Tutto questo è avvenuto senza che vi sia stata un reale dibattito, a nessun livello, e calpestando le più elementari regole democratiche (ad esempio nei tesseramenti).
E però… quando la finiremo di essere trattati come colonia? Sul principio che a decidere debbano essere gli elettori di centrosinistra della Calabria non dovrebbero esserci dubbi. Solo su questo mi sento di essere d’accordo con i sostenitori di Oliverio, al quale già la volta scorsa fu fatto di tutto per impedirne la candidatura. Lo affermo da ex sostenitore dello stesso Oliverio che in quell’occasione dovette pagare un prezzo altissimo, politicamente ma anche in termini di rapporti personali. Da presidente di un seggio delle primarie che dovette ingoiare la sfilata di votanti assurdi. Guarda caso, il candidato a governatore che sostenevano è oggi schierato apertamente con il centrodestra.
Ma non è questo il tema. È un altro ed ha a che fare con valori democratici che bisognerebbe sempre tenere in mente. Piaccia o no (personalmente non mi entusiasma), quella di Oliverio è l’unica candidatura in campo, alla luce del sole, che non vive nelle ombre dei palazzi romani. Se ci sono altri che legittimamente aspirano alla candidatura si facciano avanti e non si nascondano dietro le indicazioni interessate del partito nazionale. Non si può essere democratici a giorni alterni, un giorno invocare le primarie e un’altra volta impedirle. Perché l’antipolitica ingrassa proprio laddove la politica non riesce ad essere credibile.

Condividi

Socialisti senza partito

Noi socialisti senza partito ci riconosciamo da alcuni piccoli dettagli. Ad esempio, dalla presenza nelle nostre librerie dell’Almanacco socialista pubblicato in occasione dei 90 anni del Psi. Il sottotitolo recita “Cronistoria, schede, commenti, documentazione sul socialismo italiano”: ed è una storia della quale io personalmente vado orgoglioso. Anche se dopo la tempesta del 1992-94 ognuno di noi ha preso strade diverse, nelle case che ci hanno accolto abbiamo sempre provato disagio. Come quegli ospiti che hanno l’impressione di non essere molto graditi e ricambiano con altrettanto fastidio. La diaspora non si è mai conclusa: noi socialisti siamo anime erranti con sola bussola la forza di idee e valori che sentiamo ancora vivi, nonostante non li abbiamo ritrovati compiutamente da nessuna parte. Ci accomuna la rivendicazione delle lotte e delle conquiste che quel partito seppe condurre per l’emancipazione politica e sociale del popolo italiano.
A me piace inseguire con la mente il lungo filo rosso che inizia con le lotte di Andrea Costa per la libertà di opinione e di associazione, per il diritto di sciopero e per la giustizia sociale in un’epoca in cui la legislazione del lavoro sostanzialmente non esisteva. Tutte cose che oggi diamo per scontate e delle quali, proprio per questo, non riusciamo a cogliere l’importanza. D’altronde i nomi luminosi di Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Antonio Labriola oggi non dicono quasi niente. Le lotte per la democrazia con i suoi martiri della libertà le abbiamo dimenticate: provate a chiedere chi furono Giacomo Matteotti o Bruno Buozzi. Eppure, viviamo in un paese libero grazie alla generazione dei socialisti che tra le due guerre non ebbe paura di sacrificare tutto ciò che aveva nella lotta contro la dittatura fascista: Pietro Nenni, Sandro Pertini e tantissimi eroi anonimi, uccisi o finiti al confino per un ideale.
Dopo la conquista della libertà, giunse il tempo di raggiungere livelli più avanzati di democrazia: lo Statuto dei lavoratori di Giacomo Brodolini e Gino Giugni, la legge sul divorzio di Loris Fortuna. Nel solco di quel riformismo che è stato il tratto prevalente nella storia del socialismo italiano e che negli anni Ottanta produsse l’unico concreto ed organico tentativo di modernizzazione del Paese, a partire dal suo assetto istituzionale.
Quella che portò al crollo della Prima Repubblica fu una crisi “di sistema” e la via giudiziaria al suo superamento fu una comoda scorciatoia per evitare di affrontare politicamente i veri nodi di quella vicenda, in primis la questione del finanziamento della politica, sollevata da Bettino Craxi con un discorso storico alla Camera il 3 luglio 1992, che nessuno in Parlamento osò controbattere.
Occorrerà ancora del tempo prima che su quella stagione si possa pronunciare un giudizio obiettivo, scevro da cedimenti emotivi. D’altronde, la contemporaneità è un limite quando si scrive di storia.
Non so se ha ancora senso l’esistenza di un partito socialista. So però che ha ancora senso lottare per la libertà e per la giustizia sociale, continuare a credere con Nenni che “il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro”.

Condividi

La discarica della discordia

La Gazzetta del Sud di oggi dà notizia della lettera che come gruppo consiliare “Per il bene comune” ieri abbiamo depositato presso il protocollo del Comune. Le vicende della discarica “La Zingara” sono note a tutti; molti nodi, a nostro avviso, sono rimasti irrisolti e sono giustamente causa di forte preoccupazione: proprio per questo crediamo che sia necessario uno sforzo di trasparenza da parte di tutti gli attori e il coinvolgimento della nostra comunità, altrimenti anche questa – come quella dello svincolo – sarà l’ennesima decisione presa passando sopra le teste della popolazione.
Di seguito, il testo completo della lettera indirizzata al sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte e, per conoscenza, al presidente del consiglio comunale e a tutti i consiglieri
.

Gentile Sindaco,
ormai da diverso tempo si susseguono voci preoccupanti relative alla prossima apertura della discarica “La Zingara”, ricadente nel territorio di Melicuccà, ma situata pericolosamente nell’entrata del nostro comune. Come lei ben sa, tale eventualità è fonte di giustificata apprensione tra i nostri concittadini, per le possibili nefaste conseguenze ambientali. Già in passato, le popolazioni di Sant’Eufemia e di Bagnara Calabra manifestarono con forza la propria contrarietà: oggi quelle paure riemergono prepotentemente, a fronte di una decisione che la Regione Calabria ha assunto di concerto con l’ATO di riferimento, come emerge anche da recenti notizie di stampa (Il Quotidiano del Sud, 30 agosto 2019).
Abbiamo apprezzato la Sua ferma e contraria presa di posizione, in occasione della riunione tenuta il 30 luglio presso il Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria, presente l’Assessore regionale all’Ambiente, il sindaco di Melicuccà, il vicesindaco del comune di Reggio Calabria, il consigliere regionale Giuseppe Pedà, i dirigenti del dipartimento.
Sui temi della difesa dell’ambiente e della tutela della salute dei nostri concittadini non possono esserci divisioni. Proprio per questo motivo Le chiediamo di farsi promotore di un’iniziativa (un incontro o un consiglio comunale aperto) che coinvolga le realtà associative della nostra comunità e la sua popolazione, per fare il punto della situazione e per valutare quali eventuali azioni possiamo tutti insieme intraprendere per difendere il nostro territorio.

I Consiglieri comunali
Domenico Forgione
Pasquale Napoli

Condividi

Elezioni Europee – Sant’Eufemia d’Aspromonte: i risultati delle liste e dei singoli candidati

Votanti: 1211 (32,02%)

Schede bianche 14 (1,15%)
Schede nulle 32 (2,64%)
Voti attribuiti alle liste:
Forza Italia 335 (28,41%)
Lega Salvini Premier 277 (23,49%)
Movimento 5 Stelle 234 (19,84%)
Partito Democratico 168 (14,25%)
Fratelli d’Italia 105 (8,9%)
Partito Comunista 12 (1,01%)
La Sinistra 9 (0,76%)
+ Europa 8 (0,67%)
Federazione dei verdi 7 (0,59%)
Popolo della Famiglia 4 (0,03%)
Partito animalista italiano 2 (0,17%)
Partito Pirata 1 (0,08%)
Destre Unite-Casa Pound Aemn 1 (0,08%)
Popolari per l’Italia 1 (0,08%)
Preferenze assegnate ai candidati dei partiti
che hanno superato lo sbarramento elettorale:
FORZA ITALIA: Lorenzo Cesa (191), Giuseppe
Pedà (51), Alessandra Mussolini (29), Giorgio Magliocca (29), Silvio Berlusconi
(27), Fulvio Martusciello (26), Beatrice De Donato (20), Caligiuri Fulvia
Michela (14), Barbara Matera (1), Aldo Patriciello (1), Antonietta Pecchia (1);
LEGA: Andrea Caroppo (73), Matteo Salvini
(56), Ilaria Antelmi (46), Giancarlo Cerrelli (33), Vincenzo Sofo (28), Massimo
Casanova (11), Francesca Anastasia Porpiglia (8), Aurelio Tommasetti (1);
MOVIMENTO 5 STELLE: Laura Ferrara (148),
Piernicola Pedicini (6), Chiara Maria Gemma (5), Rosa D’Amato (4), Isabella
Adinolfi (2), Mario Furore (2), Vito Avallone (2), Mariano Peluso (1), Enrico Farina
(1), Danilo Della Valle (1), Antimina Di Matteo (1);
PARTITO DEMOCRATICO: Massimo Paolucci
(96), Lucia Anita Nucera (66), Andrea Cozzolino (22), Elena Gentile (17),
Nicola Caputo (13), Francesco Antonio Iacucci 7, Gerarta Ballo (2), Franco
Roberti (1);
FRATELLI D’ITALIA: Denis Domenico Nesci
(33), Caio Giulio Cesare Mussolini (29), Stella Mele (26), Giorgia Meloni (23),
Rosario Achille Aversa (14), Carmela Rescigno (12), Raffaele Fitto (10),
Lucrezia Vinci (5).
Condividi

«Ora e sempre Resistenza». Ecco perché è sempre attuale.

Nell’edizione odierna del Quotidiano del Sud, un mio intervento sul significato del 25 aprile e la risposta di Annarosa Macrì.

Cara dottoressa Macrì,
manca qualcosa a questo Paese, se gli eventi che dovrebbero essere occasione di unità provocano invece così aspre contrapposizioni. Manca la capacità di tenere insieme ragioni e torti, soprattutto quando ci si scontra con le contrapposizioni territoriali scaturite dal processo di unità nazionale o dall’irriducibile antinomia fascismo/antifascismo. In questo preciso momento storico, l’incapacità politica e culturale di cui sopra si salda pericolosamente con la tendenza a rimettere tutto in discussione, finanche i valori fondanti della democrazia affermatasi in Italia con la Resistenza.
La Resistenza è stata tutta rose e fiori? No, lo sappiamo. Ci sono stati eccessi e crimini storicamente accertati, regolamenti di conto che poco avevano a che fare con la conquista della libertà dopo il ventennio di dittatura fascista. Male ha fatto una certa storiografia a tentare di nascondere questa pagina nera. Ma il revisionismo storico non va confuso con quello pataccaro che infesta le cloache del web, apodittico in quanto decontestualizzato e decontestualizzante, oltre che tendenziosamente strumentale ad una narrazione politica falsa e pericolosa.
Ha ancora senso celebrare il 25 aprile? Certamente sì. Ha senso proprio perché non si tratta di un “derby” tra fascisti e comunisti. Chi sostiene questo evidentemente non ha idea del contributo fornito alla causa da personalità quali Alfredo Pizzoni, Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, Edgardo Sogno. Si tratta, e dovrebbe essere chiaro anche a chi non è dotato di particolari strumenti culturali, di interiorizzare la replica di Vittorio Foa a Giorgio Pisanò: «Abbiamo vinto noi e tu sei potuto diventare senatore, avessi vinto tu io sarei ancora in carcere». Sta tutta qua la differenza tra fascismo e antifascismo. Ed è una differenza dirimente.
Non si possono mettere sullo stesso piano coloro che lottavano per la libertà e i seguaci del nazifascismo. Claudio Magris sostiene che “è triste dovere difendere la Resistenza”: non dovrebbe essercene bisogno. La vittoria dei partigiani ha portato in Italia la democrazia, quella dei repubblichini di Salò l’avrebbe trasformata in un campo di concentramento nazista. Insomma, c’erano una parte giusta e una sbagliata: chi non accetta questo compie un’operazione storicamente disonesta e moralmente indecente.
Il 25 aprile non segna soltanto la fine di una sanguinosa e fratricida guerra civile. È l’atto fondante della Repubblica italiana, la rinascita della nazione dopo la seconda guerra mondiale, la riconquista di quell’onore che il fascismo aveva oltraggiato con la dittatura, con la soppressione di tutte le libertà, con le leggi razziali e con l’ingresso in guerra al fianco della Germania nazista.
Ecco perché suona ancora attuale la chiusura dell’epigrafe composta da Piero Calamandrei per la celebre lapide “ad ignominia” dedicata al criminale di guerra Albert Kesserling: «Ora e sempre Resistenza».
Domenico Forgione – Sant’Eufemia d’Aspromonte

RISPOSTA
Sì, è triste dover difendere chi siamo, chi sono i nostri padri, qual è il Paese in cui siamo nati.
E’ come se qualcuno strappasse la nostra carta d’identità, di persone e di cittadini, ci costringesse a declinare le nostre generalità, noi le recitassimo e non fossimo creduti.
E’ triste perché se è vero che la libertà non è un concetto finito e definito, è un’acqua di cui si ha sete perenne e che non disseta mai fino in fondo, e, di generazione in generazione, apre nuove praterie da percorrere e nuovi diritti da conquistare, la liberazione dal Fascismo, quella, non può essere messa in discussione, perché i fatti storici sono fatti, e, al di là delle interpretazioni, sono stati, e sono, causa ed effetto, di altri fatti: anelli di una catena che è pericolosissimo spezzare.
E’ triste perché il revisionismo becero che spira in questo Paese è un furto. Non dei valori in cui crediamo, che non sono, vivaddio, merce negoziabile, ma di tempo. Sì, di tempo. Io provo fastidio, un grande fastidio a dover partecipare a dibattiti, o solo ascoltarli, che mettono in discussione storia e storie acquisite, perché sento di essere governata da gente non solo ignorante o in malafede, ma di perditempo, che cerca di disfare, inutilmente, quell’arazzo faticosamente e dolorosamente tessuto da tutti gli Italiani, che si chiama “Novecento”, ed è lo sfondo “naturale” della nostra contemporaneità.
Ma la festa, quelli là, non riescono a rovinarcela. Semplicemente perché è impossibile, e perché Liberazione fa rima con Costituzione, e la Costituzione è lo scudo della Storia e della libertà.
Ieri ho ricevuto tanti auguri laici e tanti ne ho dati, e i giardini pubblici di Roma – dove in questo momento mi trovo –, al centro e in periferia, erano pieni di gente, moltissimi i giovani!, che cantavano e brindavano e ridevano.
Enzo Biagi, durante i momenti più bui del berlusconismo, diceva: “vedrete, “loro” se ne andranno e noi, invece, rimarremo”; beh, in fondo aveva ragione.
Anche se altri “loro” sono arrivati, peggiori di quelli di prima, noi siamo qua. E finché ce la raccontiamo e siamo capaci di far festa, viva la Libertà e viva la Liberazione!

Condividi